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Domenico Starnone, Lacci: recensione del romanzo

Quando ho avuto notizia che sarà il film di Daniele Lucchetti, Lacci – basato sul romanzo di Domenico Starnone che è uscito nel 2014 per Einaudi ad aprire la Mostra Internazionale del Cinema di Venezia 2020, ho acceso il mio Kindle e ho acquistato subito il libro. Non lo avevo mai letto.

Domenico Starnone, Lacci: recensione

Pagina dopo pagina, il romanzo ha preso subito la mia attenzione, lasciandomi un senso di inquietudine e di incertezza. Le parole disperate di Vanda rendono l’idea del travaglio interiore di una delle protagoniste.

Perché Starnone apre il suo Lacci con il punto di vista di questa donna che è moglie e madre? Sicuramente perché tutto parte da lei e ritorna a lei. Con le sue scenate, con la sua paura di essere abbandonata e delusa, Vanda simboleggia un’epoca, quella degli anni Sessanta quando ogni cosa stava cambiando in quel microcosmo che è la famiglia.

Vanda tuttavia detiene il potere nonostante sia stato l’uomo di casa ad averla condotta nella disperazione più totale. Starnone così riesce a creare la sensazione di chiusura e di mancanza di scelta che vive Vanda, ancorata al marito fino agli eccessi e alla paranoia tanto da condizionare i due figli che soffrono più per le sue paturnie che per altri motivi.

Domenico Starnone Lacci

Tre io narranti, tre punti di vista

Poi, Domenico Starnone ci conduce nell’universo dell’altro protagonista, Aldo, il padre e il marito fedifrago, e qui la sensazione che si prova è di apertura perché sono le parole dell’io narrante a creare i contesti e darci la percezione che il punto di vista sia cambiato.

Aldo ha tradito Vanda molti anni prima e adesso l’asse temporale è spostato in avanti, nella vecchiaia. Il punto di vista di questo uomo non lascia spazio a dubbi: se ne era andato per amore di Linda, un giovane donna che lo aveva reso felice e per la quale aveva avuto il coraggio di lasciare la moglie.

Verso il finale è la voce della figlia Silvia che si fa sentire, dando la propria versione della storia e ampliando la prospettiva. Lacci è insomma un libro che parla proprio dei lacci, ovvero di quei legami che sono la nostra salvezza e al contempo la nostra più grande rovina.

Trovi il libro di Starnone qui

Lacci, vi avviso, non è un romanzo appagante, né semplice. Il lettore non viene tranquillizzato con il vissero felici e contenti come in alcuni film hollywoodiani, perché Domenico Starnone con uno stile semplice… asciutto ma d’impatto scompiglia le carte per darci una visione non patinata e molto conflittuale della famiglia. Maria Ianniciello

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Maria Ianniciello

Mi chiamo Maria Ianniciello. Il mio nome intero è però Ianniciello Maria Carmela ma per comodità mi firmo solo Maria. Sono iscritta all’Ordine dei Giornalisti della Campania dal 2007, nell’elenco dei Pubblicisti. Laureata in Lettere (vecchio ordinamento) con il massimo dei voti presso l’Università di Roma Tor Vergata, ho dedicato gli ultimi vent’anni della mia carriera allo studio dei nuovi e dei ‘vecchi’ Media. Nel 2008 ho fondato questo portale dove tuttora mi occupo di analisi del linguaggio cinematografico, televisivo ed editoriale (saggi, libri per bambini e romanzi). Ho lavorato per testate giornalistiche dell’Irpinia e del Sannio, curando anche uffici stampa. Nel 2018 mi sono diplomata in Naturopatia a indirizzo psicosomatico presso l’Istituto Riza di Medicina Psicosomatica di Milano, diretto dal professor Raffaele Morelli. Ho conseguito poi il Master in Lettura del Corpo mediante la Psicosomatica nel 2019 con la dottoressa Maria Montalto. La conoscenza della Psicologia (disciplina a cui sto dedicando gran parte delle mie ricerche) mi permette di esaminare i nuovi e i vecchi Media con un approccio integrato e molto innovativo.

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