Falling – Storia di un padre. Viggo Mortensen e l’esordio alla regia

Quello di Viggo Mortensen è un Cinema dal taglio impressionistico, con paesaggi mozzafiato, fra mare e monti innevati, tra natura e cultura, tra dimensione conscia e dimensione inconscia. I dialoghi sono sferzanti, le emozioni dirompenti, anche quando sono trattenute. Mortensen, complice anche l’esperienza di fotografo, gira un film dai tagli decisi, dai primi piani netti, dalle atmosfere retrò. La fotografia è pulita e i flashback impeccabili, perché la pellicola è tutta un andare indietro e avanti nel tempo, verso quel futuro sconosciuto ed indecifrabile.

L’attore de Il signore degli anelli, dismessi i panni, da un po’, del padre hippy in Captain Fantastic (2016) e del genitore iperprotettivo de La strada (2009), interpreta in Falling – Storia di un padre un figlio omosessuale facendosi da parte, ma non troppo, per dare molto spazio a Lance Henriksen che viene diretto dallo stesso Mortensen (alla sua prima esperienza da regista) alla perfezione.

Falling Viggo Mortensen
CAST: Viggo Mortensen, Lance Henriksen, Sverrir Gudnason, Laura Linney, Hannah Gross, Terry Chen, David Cronenberg

Ne viene fuori il ritratto di un padre padrone che sembra non pentirsi degli impeti di ira della gioventù, almeno all’apparenza. L’orgoglio, si sa, tante volte non è una virtù perché richiede un prezzo troppo alto da pagare eppure esercita sempre un certo fascino sugli esseri umani. Chi invece non sembra affatto orgoglioso – forse perché ci ha lavorato un po’ su  – è il figlio che, di fronte alla malattia del padre si fa umile e lascia correre più volte, anche quando non dovrebbe, anche quando viene incalzato, offeso e deriso.

La demenza senile  – che è troppo ingombrante per prendersi il lusso di arrabbiarsi – dà l’occasione a padre e figlio di capirsi e quindi di accettarsi. E allora le parole si rincorrono, diventando scurrili in alcune sequenze, i volti si contraggono, i corpi si irrigidiscono, gli occhi si illuminano al sopraggiungere dei ricordi che sono catartici.

Falling – Storia di un padre segna il confronto tra due mondi molto diversi, l’uno conservatore quanto sfacciato, l’altro progressista quanto puritano. Ed è proprio questa alternanza di opposti a rendere il film non noioso e la storia, seppur semplice, non banale.

Una delle prime sequenze è girata su un aereo che conduce a Los Angeles, dove John (Viggo Mortensen) vive con il suo compagno Eric (Terry Chen) e la loro figlia Mónica (Gabby Velis). Willis (Lance Henriksen), che è il padre di John, è affetto da demenza senile e sta andando ad abitare con il figlio in California. Lascia così la fattoria in cui vive, da solo, tra la neve e il gelo, per trasferirsi in una località di mare, mondana e sicuramente anticonformista. Tra pensieri e parole sconnessi John e Willis si ritrovano un pezzettino alla volta, ciascuno scorgendo nell’altro i tratti somatici di una radice comune.

Falling – Storia di un padre è dunque un film sulla figura paterna, sulle vecchie ferite da sanare ancora e su pregiudizi radicati da superare. Mortensen scrive e dirige così una pellicola difficile che sarebbe potuta diventare un pasticcio, se non fosse stata diretta e montata con maestria.

Recensione scritta da Maria Ianniciello, segui l’autrice su Instagram

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