La regina di scacchi, la serie tv su Netflix: recensione

La regina di scacchi è una serie tv che sta spopolando su Netflix. Ma che cos’è che rende questo prodotto seriale così avvincente? Il plot è estremamente moderno e geniale per certi versi. Al centro della storia c’è un’eroina degli anni Sessanta, con tanto di caduta e di ascesa.

La caduta è simboleggiata dalle sue origini di orfana, che richiamano alla mente certi cartoni amati per bambine degli anni Ottanta. Ma qui l’orfana non necessita del principe azzurro o del padre che le ridà dignità e la reintroduce nella vita. La regina di scacchi fa tutto da sola, sebbene l’appoggio, come la sfida, nel corso della serie arrivi da più parti. Nell’orfanotrofio non c’è più l’istitutrice cattiva. I demoni della regina di scacchi sono interni per lo più, partono dall’interiorità della protagonista, la quale cade vittima delle dipendenze, forse perché pensa che le pillole le diano forza e brillantezza.

La regina di scacchi: nella serie tv la caduta e l’ascesa dell’eroina

Elizabeth Harmon/Beth (Anya Taylor-Joy) è un personaggio estremamente moderno. Come Persefone perde la fanciullezza per piombare nelle tenebre e poi risalirne arricchita, così la regina di scacchi perde di vista l’essenziale sperimentando disagio e paura che sfocia nella dipendenza dalle pillole e dall’alcol.

la regina di scacchi

Beth impara a giocare a scacchi nel seminterrato dell’orfanotrofio grazie a un personaggio che la inizia alla sua arte, facendogliela conoscere: è il custode, un uomo misterioso e di poche parole. Ed è come se la protagonista andasse a bottega per poi superare il maestro.

Così in un mondo tutto al maschile questo personaggio si fa notare come bambina prodigio prima e talento femminile poi. La risalita però non è dura, e forse è proprio in questo che pecca la serie. Nel tentativo di conservare un certo bon ton la caduta, infatti, non è mai imbarazzante, è sempre nei limiti del consentito, non scandalizza, perché non si esce mai davvero dagli schemi del perbenismo. L’ambiente poi è artefatto, controllato e forse anche troppo pacato. Eppure La regina di scacchi piace anche per quel glamour che la caratterizza. La miniserie (sono sette le puntate) è diretta da Scott Frank ed è basata sul libro di Walter Tevis. Maria Ianniciello

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto