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Il potere del cane: il significato del film

Il potere del cane è un lungometraggio difficile da metabolizzare, è ostico, a tratti conturbante con il suo finale che spiazza. Ma cerchiamo di cogliere un po’ il significato di questo film senza fare spoiler.

Il potere del cane: significato del film e recensione

Il lungometraggio è diretto dalla regista e sceneggiatrice neozelandese Jane Campion che si avvale di una sceneggiatura non originale. Il testo di partenza è, infatti, il libro di Thomas Savage uscito nel 1967 (Lo trovi qui). Il titolo si rifà alla collina che domina il ranch dei fratelli Burbank e che ha la forma di un cane. Questo animale – che è considerato il miglior amico dell’uomo – ha in realtà una simbologia molto più particolareggiata.

Pensiamo a Cerbero, il gigantesco cane mastino con tre teste che simboleggiavano nella mitologia il passato, il presente e il futuro. Cerbero era il custode delle porte d’ingresso dell’Ade e Dante lo collocò nell’inferno a guardia dei golosi. Il cane, dunque, in questa pellicola – che trovate su Netflix – rappresenta la fedeltà ai valori del patriarcato e ad un mondo ormai sommerso ma è anche colui che impedisce al personaggio principale di uscire dagli inferi che egli stesso si è creato.

Esaminiamo la trama

Il potere del cane significato

Siamo in Montana. L’anno è il 1925. Phil (Benedict Cumberbatch) è un uomo rozzo e meschino che odia le persone dall’animo sensibile perché, in nome del potere, della supremazia e della forza, ha dovuto rinunciare alle velleità letterarie ed artistiche abiurando anche le sue predisposizioni sessuali che non lo rendevano conforme al contesto di riferimento. Odiando il femminile, odia anche sé stesso e quella parte che lo rende umano tra gli uomini. Chiama il fratello George (Jesse Plemons) “grassone”, bullizzandolo per certi versi. E, quando quest’ultimo si sposa con la vedova Rose (Kirsten Dunst), Phil diventa ancor più insofferente ed irascibile tanto da spingere la donna all’alcolismo, con il suo odio e le sue piccole vedette.

Campi lunghi e lunghissimi per allargare la nostra visuale sulle dinamiche del patriarcato

La regista indugia sui dettagli (i cavalli soprattutto) e apre il campo d’azione allargando la nostra visuale che non coincide con quella del protagonista, il quale con il suo narcisismo e la sua misoginia vuole solo conservare lo status quo tentando di lasciare il testimone a Peter (Kodi Smit-McPhee), il magrissimo e gentile figlio di Rose che viene iniziato alla vita del ranch. E, così come aveva fatto il cowboy Bronco Henry con lui e George, Phil si erge a figura paterna per Peter che deve trasformarsi in un uomo vero.

Insomma, Il Potere del Cane parla di vecchie dinamiche patriarcali e insieme del narcisismo che domina la nostra società contemporanea, ricreando le atmosfere country di una pellicola come I segreti di Brokeback Mountain ma senza la forza dirompente e pervasiva delle emozioni. Il Potere del Cane è, infatti, un film criptico, filosofico e per certi versi incomprensibile. (La recensione è stata scritta da Maria Ianniciello).

Il film ha ricevuto 12 nominations agli Oscar 2022, per il miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista, migliore attrice protagonista, migliore attrice non protagonista, migliore attore non protagonista, miglior sceneggiatura non originale, miglior scenografia, miglior fotografia, miglior montaggio, miglior sonoro). La pagina è stata aggiornata il 9 febbraio 2022.

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Maria Ianniciello

Mi chiamo Maria Ianniciello. Il mio nome intero è però Ianniciello Maria Carmela ma per comodità mi firmo solo Maria. Sono iscritta all’Ordine dei Giornalisti della Campania dal 2007, nell’elenco dei Pubblicisti. Laureata in Lettere (vecchio ordinamento) con il massimo dei voti presso l’Università di Roma Tor Vergata, ho dedicato gli ultimi vent’anni della mia carriera allo studio dei nuovi e dei ‘vecchi’ Media. Nel 2008 ho fondato questo portale dove tuttora mi occupo di analisi del linguaggio cinematografico, televisivo ed editoriale (saggi, libri per bambini e romanzi). Ho lavorato per testate giornalistiche dell’Irpinia e del Sannio, curando anche uffici stampa. Nel 2018 mi sono diplomata in Naturopatia a indirizzo psicosomatico presso l’Istituto Riza di Medicina Psicosomatica di Milano, diretto dal professor Raffaele Morelli. Ho conseguito poi il Master in Lettura del Corpo mediante la Psicosomatica nel 2019 con la dottoressa Maria Montalto. La conoscenza della Psicologia (disciplina a cui sto dedicando gran parte delle mie ricerche) mi permette di esaminare i nuovi e i vecchi Media con un approccio integrato e molto innovativo.

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