Trafficante di virus, nel film la storia di Ilaria Capua

Al Cinema è uscito il film-evento ‘Trafficante di virus’ che si ispira al libro omonimo della scienziata Ilaria Capua. La pellicola è stata sul grande schermo per tre giorni, il 29-30 novembre e il primo dicembre 2021, adesso è su Amazon Prime Video. Prima di recensire il film è bene ricostruire i fatti.

La storia di Ilaria Capua. Ricostruiamo i fatti

Ilaria Capua è una virologa e ricercatrice italiana. Classe 1966, si è laureata in Veterinaria all’Università di Perugia, è specializzata in igiene e sanità animale e ha cominciato la sua carriera di ricercatrice presso alcuni Istituti zooprofilattici sperimentali.

E’ stata, difatti, direttrice del Dipartimento di Scienze Biomediche Comparate dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie di Legnano (Padova) ed è considerata oggi uno dei virologi più illustri al mondo e sicuramente il migliore d’Europa. A renderla tale è stata anche la sua battaglia per la trasparenza e il libero accesso ai dati.

Nel 2006 decise, infatti, di inserire la sequenza genetica del ceppo africano di influenza H5N1 in GeBank, un database di open access, mettendo i presupposti per la libera condivisione con tutta la comunità scientifica internazionale dei dati genetici dei virus.

E’ stata deputata nelle liste di Scelta Civica (il partito fondato da Mario Monti) dal 2013 al 2016, anno in cui si dimise e si trasferì in California.

Ilaria Capua è balzata alle cronache il 4 aprile 2014 a causa di un articolo-inchiesta pubblicato sul settimanale L’Espresso e scritto da Lirio Abbate. Lo speciale, a cui fu dedicata la copertina della rivista, si intitolava ‘Trafficanti di virus’. La dottoressa, a sua insaputa, veniva accusata a mezzo stampa di corruzione e tentata strage, per la quale è previsto l’ergastolo. Si lasciava intendere nell’articolo che la ricercatrice, con alcune case farmaceutiche, avesse diffuso intenzionalmente il virus dell’aviaria per poi vendere i vaccini. Nell’articolo si faceva riferimento a un fascicolo aperto nel 2006 dalla Procura di Roma (su segnalazione dell’Agenzia delle dogane statunitensi) che vedeva indagati, oltre a Capua e a suo marito, altre 38 persone.

Nel 2007 la ricercatrice fu sentita dal magistrato Giancarlo Capaldo. Nel 2010 le indagini furono chiuse ma senza che il giudice emettesse l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Quando Lirio Abbate pubblicò l’articolo, il fascicolo era fermo da ben quattro anni. Come e perché il giornalista venne a conoscenza, poi, di indagini terminate è ancora oggi un mistero. Sta di fatto che Ilaria Capua fu prosciolta nel luglio del 2016 perché i fatti per cui era stata accusata non sussistevano.

Trafficante di virus

Trafficante di virus, la recensione del film

Il film ‘Trafficante di virus’ ruota intorno ai suddetti eventi e ci racconta il punto di vista della dottoressa, che è interpretata in maniera magistrale da Anna Foglietta. Nella pellicola la protagonista si chiama Irene. Le prime immagini ci mostrano una donna che si mette letteralmente a nudo. Tra sbalzi temporali, la macchina da presa di Costanza Quatriglio segue la protagonista nel cuore del laboratorio, tra le pareti domestiche e nei luoghi pubblici mostrandoci una persona combattiva, orgogliosa e visionaria. Ci dice tra le righe, con amarezza, che in Italia non c’è davvero spazio per i talenti né per chi sogna di fare qualcosa di diverso, di alternativo, di migliore per la comunità, soprattutto se si tratta di donne.

Il sistema tende ad appiattire, a punire, a rendere inerti i visionari, giudicandoli solo ambiziosi e spesso anche narcisistici. Quatriglio dirige un buon film con un taglio documentaristico ma sia il montaggio che la sceneggiatura non riescono a raccontare le vicende senza creare confusione negli spettatori, proprio perché nel tentativo di descrivere i molti aspetti della storia si perde di vista l’essenziale, ovvero di dare (proprio per com’è strutturata la vicenda) una certa linearità al tempo.

Nel complesso ‘Trafficante di virus’ è un film che lascia aperte molte domande sia sull’etica nel giornalismo che sulla necessità di rivedere il rapporto tra esseri umani e animali non solo da allevamento. Peccato che nella pellicola tutto ciò sia solo abbozzato e manchi il giusto pathos. (La recensione è stata scritta da Maria Ianniciello, segui la giornalista su Instagram)

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