Ariaferma: un film sulla compassione e sul superamento della dicotomia bene/male

Ho aspettato un po’ per vederlo. Non so perché. Eppure questo film era sempre tra i miei pensieri, tra le mie priorità, sicuramente per il cast e poi per il tema. E, infatti, Ariaferma è una pellicola che merita di essere vista, soprattutto oggi, in tempo di Covid, dove l’altro è considerato un pericolo per la propria salute e quindi per la propria integrità.

Ariaferma: recensione e trama

Con Ariaferma Leonardo Di Costanzo lascia un messaggio molto forte ma non vi aspettate una pellicola adrenalinica, sullo stile di cella 221 per esempio. Il regista italiano, forte di un cast eccezionale, ci consegna invece un’opera delicata perché mira, senza grossi colpi di scena, proprio ad abbattere gli schemi, a farci andare oltre i pregiudizi e a superare la dicotomica male/bene.

Siamo in un contesto molto fatiscente, in una vallata circondata da alte montagne, dove il sole stenta a fare capolino tra la nebbia avvolgente. In questo clima immobile 12 detenuti aspettano di essere trasferiti da questa immensa struttura ottocentesca. A fare loro da guardia è un manipolo di poliziotti, capitanato appunto da Gaetano Gargiulo (Toni Servillo).

I gendarmi indossano una maschera, qualcuno la tiene sul volto gelosamente, altri – come l’ispettore Gargiulo – se la tolgono per qualche istante mostrando la propria umanità.

ariaferma recensione

Da un lato ci sono i carcerati, dall’altro le guardie. In questa polarizzazione perfetta ci sarà spazio per la pietas?

Questo è un film dall’atmosfera castigata, dall’ambiente rarefatto, dalle andature fiere dei gendarmi, dal volto contrito dei detenuti. Il lungometraggio ci dice, tra le righe, senza buonismi, che è quasi impossibile aggirare i ruoli stabiliti da una società fortemente giudicante, la quale sbatte il mostro in prima pagina senza ritegno perché non si considera nemmeno per un attimo che il mostro è solo un essere umano, in balia di emozioni e sentimenti.

Toni Servillo e Silvio Orlando, nei panni del detenuto Carmine Lagioia, tessono le fila della storia con pochi ma significativi dialoghi e un linguaggio del corpo che non tradisce i pensieri dei due personaggi chiave, supportati in maniera egregia da altri interpreti. Tra luce e buio, momenti di pathos e attimi di tenerezza Ariaferma ci spinge a riconsiderare il nostro rapporto col male facendo spazio nel nostro cuore alla compassione.

La recensione di Ariaferma è stata scritta da Maria Ianniciello, segui l’autrice su Instagram

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