Da Bonito all’America. Dagli States a Firenze. Il ‘magico’ racconto di Guadagnino su Ferragamo

Abito a pochi chilometri da Bonito, il paese che ha dato i natali a Salvatore Ferragamo. Delle origini irpine del calzolaio dei sogni ne ero già a conoscenza ma molti aneddoti, che sono stati raccontati nel documentario di Luca Guadagnino, sono stati nuovi per me.

Recensione del documentario su Ferragamo

Ciò che mi molto colpito nel racconto di Guadagnino è la capacità innata di Ferragamo di saper dare una forma all’informe, come per magia, come per incanto. Salvatore era poco più che un bambino quando cominciò ad avvertire dentro di sé il bisogno di realizzare scarpe. Lo scarparo (così viene chiamato ancora il calzolaio nella mia terra) era considerato il più umile tra gli umili. Di conseguenza, i Ferragamo, nonostante non fossero benestanti, fecero di tutto per ostacolare la passione nel figlioletto che però non volle sottrarsi mai al richiamo dell’Arte. Creò, difatti, un paio di calzature per la sorellina che si preparava a ricevere la prima comunione. Quella creazione convinse i genitori, così Salvatore andò a Napoli per imparare il mestiere. Nel capoluogo partenopeo all’indomani dell’Unità d’Italia, il ragazzo (aveva quasi 12 anni) sembra visse di privazione e di stenti tuttavia apprese i ferri del mestiere.

Dal ritorno a Bonito fino al viaggio in America, dove risiedeva parte della sua famiglia, il passo fu breve ma non brevissimo. L’America gli diede nel tempo un nome e delle opportunità anche perché sulla West Coast stava nascendo il Cinema. E fu proprio la Settima Arte la sua più grande fortuna. Salvatore Ferragamo cominciò così a creare scarpe su misura (non in serie come accadeva nelle fabbriche di Boston) per le star nascenti di Hollywood, dove si trasferì dopo aver lavorato a Santa Barbara.

Il giovane Salvatore apparse subito geniale e innovativo. Ma il suo genio fu affinato dalla conoscenza oltre che dall’intuito. Studiò, quindi, la fisiologia del piede e della gamba frequentando un corso accademico specifico. Da lì, la sua capacità di rendere la calzatura alla moda e comoda. Quando, poi, l’America non gli bastò, si trasferì in Italia e precisamente a Firenze.

recensione documentario Ferragamo

‘Salvatore. Il calzolaio dei sogni’ è uscito al Cinema l’11, il 12 e il 13 ottobre 2021. All’interno del docu-film ci sono molti passaggi con la voce di Ferragamo, tratta da alcune registrazioni d’archivio.

Il documentario di Luca Guadagnino, che si intitola appunto ‘Salvatore. Il calzolaio dei sogni’, racconta i suddetti ed altri aneddoti, indugiando soprattutto sul rapporto tra Ferragamo e il Cinema, con vecchie immagini e filmati, con interviste alla famiglia, a giornalisti nonché esperti di moda e a personalità illustri come Martin Scorsese. Non mancano le testimonianze della moglie Wanda che Salvatore conobbe a Bonito. Lei era la giovane figlia del sindaco ed era molto più giovani di Lui. Difatti, quando Salvatore morì nel 1960, la moglie non aveva nemmeno quarant’anni e aveva avuto sei figli.

Insomma ‘Salvatore. Il calzolaio dei sogni’ è un documentario che alza i riflettori sulla vita pubblica (si racconta anche della collaborazione con Dior) e di una parte della vita privata di uno dei principali fautori del Made in Italy che seppe risollevarsi più volte nel corso della propria vita. La crisi del ’29, la carenza di materie prime dopo l’invasione dell’Etiopia, la seconda guerra mondiale misero a dura prova il laboratorio di Ferragamo, il quale però seppe adattarsi uscendo dalle difficoltà con più forza ed energia. Oggi parleremo di resilienza, a me piace pensare alla forza di un sogno e ad una visione chiara che però senza genio creativo sarebbero come dei contenitori vuoti. Il documentario è un po’ lungo per il genere però merita davvero di essere visto per il messaggio che dà.

La recensione è stata scritta da Maria Ianniciello, segui l’autrice su Instagram

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