La donna felice di Raffaele Morelli

Prima di soffermarmi sul nuovo libro di Raffaele Morelli, La donna felice – Manuale di autoterapia femminile, (Mondadori), voglio fare una premessa. Ho cominciato a leggere i libri del noto psichiatra nel 2015. Da allora mi sono accostata, a volte in punta di piedi altre volte con più forza e coraggio, alla psicologia analitica e a gran parte di quegli autori citati nei libri di Morelli, come James Hillman e Jean S. Bolen.

Mentre leggevo alcune opere di questi studiosi, ho smesso per un po’ di acquistare i nuovi libri di Morelli. Nel frattempo ho cominciato a studiare il pensiero femminista e me ne sono letteralmente innamorata. Quando la scrittrice e femminista Michela Murgia, ha contattato Raffaele Morelli dall’emittente Radio Capital per una frase che aveva pronunciato sulle donne su RTL – che secondo lui sarebbero inclini per natura al corteggiamento – ho ripreso in mano alcuni saggi dello psichiatra di Riza.

Qualche settimana fa su Instagram sempre Murgia ha estrapolato una sola frase sulla maternità e sui parti psichici delle donne, ripresa proprio dal libro La donna Felice, per fare una critica al pensiero morelliano. E, casualmente mio marito, mi ha regalato proprio il nuovo libro di Morelli, criticato dall’autrice sarda.

La donna felice di Raffaele Morelli: recensione

Ho voluto raccontarvi come sono arrivata a La donna felice proprio perché la critica che voglio fare a questo libro si regge su tutta una serie di conoscenze acquisite nel tempo. Premetto che non è intellettualmente onesto estrapolare un piccolo passaggio del volume per demolire l’autore, accusandolo di maschilismo. Morelli non è maschilista, ha una sua personale visione del femminile che però si inserisce in una corrente psicoanalitica più ampia. Nel libro La donna felice Raffaele Morelle si rivolge prevalentemente alle donne ma più volte nel saggio l’autore sostiene che il femminile è presente nell’uomo quanto nella donna.

Cosa ci dice Morelli nel libro?

Secondo la visione di Morelli, ognuno di noi (uomini e donne) ha una madre interna che ci allatta e ci guida continuamente. Ed è l’antica Grande Madre. Quello che però lo psicoterapeuta omette in questo libro (forse perché la politica progressista ed identitaria già spinge le donne ad essere eccessivamente virili e maschili) è che la Grande Madre aveva in sé una serie di caratteristiche che poi sono state trasferite nelle dee greche. Alcune delle quali, però, erano vergini, come Artemide (che è la dea associata da Bolen al Femminismo), Estia e la stessa Atena, dea della saggezza.

Morelli inoltre mette la sessualità al di sopra di ogni cosa ma non considera il fatto che una donna possa sentirsi perfettamente realizzata anche senza avere rapporti sessuali, come le dee sopra menzionate. Non esiste giusto o sbagliato. Ci sono donne che hanno l’archetipo di Artemide molto più sviluppato ed altre invece che si sentono bene nei panni di Demetra, la madre per antonomasia.

Insistere poi solo su Afrodite (dea della bellezza e della creatività) o su Demetra sembra una manipolazione, perché ci sono donne che amano combattere ed altre invece che si sentono molto più a loro agio nei panni di Estia, la dea della spiritualità e del focolare che era vergine. La realtà è che la donna non è Madre o Prostituta, non tutte le donne poi amano cucinare o fare lavori manuali. C’è chi si sente bene a pilotare un aereo e chi si sente a suo agio con i numeri.

La donna felice Raffaele Morelli
Trovi qui il libro di Morelli

L’unilateralità che fa ammalare

L’unilateralità, come ci insegna d’altronde lo stesso Morelli, fa ammalare psicologicamente. E, dunque, non è vero che tutte le bambine amano giocare con le bambole, mentre i maschi sono appassionati di macchinine. E’ una falsità. Ce lo insegna Maria Montessori. Inoltre la stessa Psicologia del Profondo ammette che in ogni essere umano convivono più energie e che il percorso di individuazione si compie solo integrando il lato ombra che racchiude più aspetti, compresa la componente maschile che è presente nelle donne (il processo di individuazione avviene, secondo Jung, in tutti e tutte integrando l’immagine del padre e della madre). Sarebbe più corretto forse dire che la donna cerca lo sguardo maschile per ritrovare il proprio lato maschile (se non è stato integrato) come sostiene Marie Louise Von Franz. Ma Morelli questa cosa non la dice mai! Almeno non in questi termini, non in maniera approfondita.

Allora suggerisco di leggere La donna felice con consapevolezza comprendendo che le indicazioni ivi fornite si inseriscono in una corrente psicoanalitica precisa ma che sono soprattutto il frutto di una personale visione che si ha delle donne a volte anche parziale e figlia di un certo retaggio culturale.

I limiti di alcune correnti femministe

Alcune correnti del Femminismo più radicale tendono erroneamente a spingere tutte le donne verso un’emancipazione forzata e omologante che prevede una demolizione del lato materno. La felicità però è un fatto soggettivo, nessuno può dirci qual è la strada giusta per essere felici. La si trova nel profondo. Raffaele Morelli ne La donna felice dà alcuni suggerimenti importanti che però non vanno presi per oro colato. Ciascuna deve trovare la sua personale dimensione.

Aggiungo infine che le tecniche immaginative proposte dallo psichiatra in questo ed altri libri richiedono concentrazione e silenzio che non sono facili da raggiungere se una mente è stimolata da pensieri logoranti e condizionata dal vocio esterno. Servono allenamento, costanza, dedizione per poter ascoltare la voce che arriva dal profondo.

Ad ogni modo La donna felice è un libro che consiglio perché potrebbe essere un valido punto da cui partire non solo per ritrovare la propria voce di donna ma anche, come ho fatto io, per conoscere la Psicologia analitica e leggere gli autori citati da Morelli che offrono una visione molto più articolata e d’insieme.

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