«Stai zitta»: nel libro di Murgia una frase (e altre nove) che una donna non dovrebbe sentirsi dire…

Stai zitta (Einaudi), il nuovo libro di Michela Murgia, balza subito agli occhi sugli scaffali delle librerie, perché il titolo nasce da una frase che, secondo la scrittrice sarda, non è un’eccezione ma è la norma, purtroppo. Se sei uomo, almeno una volta nella vita, forse l’hai pronunciata rivolgendoti a una donna. Se sei una donna ti sarà capitato di sentirtela dire, almeno una volta.

Michela Murgia con questo libro vuole farci riflettere affinché certe espressioni nocive per le donne (tra cui anche «Stai zitta») spariscano dal linguaggio corrente. Sono nove le frasi esaminate, quali per esempio «Ormai siete dappertutto», «Ma che genere di problema avete», «Brava e pure mamma», «Adesso ti spiego», «Era solo un complimento», «Sei una donna con le palle». Da questi modi di dire ne sorgono altri, ugualmente discriminatori.

Il volume nasce da un episodio verificatosi a maggio 2020, quando lo psichiatra Raffaele Morelli – che era stato accusato sui social di sessismo per un’affermazione fatta su RTL – disse a Michela Murgia – che qualche giorno dopo l’accaduto su Radio Capital lo incalzava chiedendogli spiegazioni – di stare zitta.

L’autrice afferma nel libro che si trattò di «un caso straordinario di un uomo dai nervi poco saldi che non aveva potuto sopportare di essere contraddetto da una donna». Murgia, nel primo capitolo, scrive che «le aree semantiche che definiscono una donna che parla sono quasi sempre denigratorie». Infatti, continua la scrittrice, «se discorre è chiacchierona, linguacciuta, pettegola». Al contrario «se ribatte è petulante, stridula, sguaiata, espressiva».  

Ma qual è il modello di donna gradita? Secondo Murgia, è quella «silenziosa» e possibilmente madre. Alla maternità, infatti, l’autrice dedica un capitolo ad hoc dimostrando, attraverso alcuni esempi, come i media e i giornali italiani siano ossessionati dalla mammizzazione delle donne che ricoprono posizioni apicali.

«Dallo sport alla politica, dal cinema all’economia, dalla scienza all’arte, ogni donna che si trovasse a raggiungere risultati tali da costituire una notizia si sentirà chiedere se ha marito e figli», cosa che non accade agli uomini.

Nell’immagine Michela Murgia – Fotografia di Alec Cani (Dalla pagina Facebook della scrittrice)

C’è poi il pregiudizio che le donne siano le peggiori nemiche delle altre donne. E a tal proposito la scrittrice di Accabadora prende come esempio il romanzo Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood per dimostrare che «se il patriarcato vuole dominare il sesso femminile senza ricorrere continuamente alla forza ha bisogno di convincere delle sue ragioni almeno due terzi delle donne e lo fa offrendo a ognuna il vantaggio che all’altra è negato».

Infatti, «l’uomo che ragiona in modo patriarcale sceglie una donna, una sola, e con le caratteristiche meno problematiche possibili in rapporto al sessismo, e la mette in alto, più in alto che si può». Si tratta nello specifico di uno stratagemma (a volte inconscio) che serve a mantenere la donna in un ruolo di sudditanza perché il potere che le è stato dato non è suo e quindi non potrà mai sfruttarlo per emancipare le altre donne. Nel romanzo di Atwood questa figura è impersonata dall’Eletta che protegge le logiche del patriarcato rivestendo un ruolo tipicamente ancillare.

Queste logiche nella vita reale si manifestano attraverso il linguaggio misogino e sessista che è espressione di una forma mentis sistemica.

Insomma Stai zitta di Michela Murgia è un libro che allarga lo sguardo perché una donna, che è stata abituata sin dall’infanzia a sentire parole discriminatorie, finisce per accettare frasi e atteggiamenti che non sono affatto normali, diventando un po’ come quell’elefante che, siccome è stato legato ad un debole guinzaglio da piccolo, non riesce a liberarsi dalle catene anche se da adulto avrebbe tutta la forza per farlo. Il messaggio del libro poi è reso ancor più incisivo dalle illustrazioni della vignettista e autrice femminista Anarkikka. Lo trovi qui. Maria Ianniciello

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