Crescita consapevole. Siamo figli dei nostri genitori

Secondo lo psicanalista e filosofo americano James Hillman veniamo al mondo con una immagine che ci definisce. La Teoria della ghianda, infatti, sostiene che ciascuna persona sia unica e solo e soltanto tale unicità va espressa se desideriamo dare il giusto senso alla nostra vita. Così come una ghianda non può che diventare quercia anche tutti noi siamo destinati ad esprimere solo e soltanto la nostra natura indipendentemente dagli eventi che si vengono a creare nella nostra vita. Qualsiasi altro tentativo di essere qualcosa di diverso avrebbe come unico scopo quello di far morire la nostra natura e di farci ammalare: la ghianda infatti se non diventa quercia muore.

Secondo questa teoria i condizionamenti sociali, della famiglia non sono la causa di ciò che siamo ma solo una parte del sentiero che la nostra ghianda ha previsto per diventare quercia. Ricercare nel passato le cause di quello che siamo diventa secondo tale teoria un inutile dispendio d’energia. L’unico scopo che abbiamo è quello di metterci in ascolto della nostra vocazione, di comprendere quello che siamo e di essere autentici. Questa teoria mi affascina perché conferisce ad ogni singolo individuo il giusto valore e allo stesso tempo non crea alibi, siamo tutti delle ghiande a prescindere dal contesto in cui viviamo e dalle nostre esperienze, siamo esseri unici con un talento unico che va fatto emergere.

Nella mia esperienza ho capito che ognuno di noi in qualche modo è figlio dei propri genitori, nel senso che per comprendere alcuni aspetti di noi basta osservare coloro i quali ci hanno generato. Nel tempo ho capito che uno dei modi per seguire la nostra vocazione risiede nella capacità di osservare i nostri genitori senza giudicarli. Mi spiego meglio, se è vero che la ghianda ha già in sé l’immagine della quercia, a volte questo non capita perché può succedere che la ghianda non ricordi più cosa sia. Lo stesso vale per ogni singolo individuo, il quale durante la sua crescita perde la propria individualità… la sua unicità che può ritrovare osservando le proprie origini, osservando i propri genitori che sono il suo seme.

Dai nostri genitori assimiliamo non solo i geni bensì comportamenti e di modi relazionarci con il mondo. Non solo ci mettono al mondo bensì ci crescono nel bene e nel male, aiutandoci o creandoci problemi, sostenendoci o trascurandoci completamente, fanno parte del percorso. Ogni ghianda è unica ma allo stesso tempo per diventare una quercia non deve dimenticare di essere una ghianda per prima cosa. Allo stesso modo anche noi siamo esseri unici ma tale unicità nasce dai  nostri genitori, da loro ereditiamo qualcosa che ci rende quello che siamo ma che ad un certo punto tendiamo a rinnegare bloccando tutto il processo.

Per rendere più semplice il concetto prendo in considerazione la storia di due fratelli i quali fanno due scelte di vita diametralmente opposte, uno decide di diventare medico l’altro un delinquente, la cosa strana in tutto questo è che a motivare entrambi fosse il loro padre e il suo comportamento. Cosa voglio dimostrare con questo esempio, semplicemente che in qualche modo l’input proviene dal nostro nucleo d’origine sia che scegliamo di seguire l’esempio di uno dei componenti della famiglia e sia se invece lo si neghi. Per farsi un’idea di una persona oltre a conoscerla e a valutare i suoi comportamenti è importante capire il contesto familiare da cui proviene, perché anche quest’ultimo rientra nel processo creativo della ghianda. Siamo quello che siamo perché dentro di noi abbiamo tutte le informazioni, nostro dovere è imparare a attingere da tali informazioni, ma siamo allo stesso tempo anche figli dei nostri genitori sia nel bene che nel male, negare tutto questo significa negare una parte di noi essenziale per conoscerci.

Carmine Caso, naturopata e personal coach

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