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Recensione del film di Paola Cortellesi, C’è ancora domani

Domani: è questa la parola chiave del primo film da regista di Paola Cortellesi che si intitola appunto C’è ancora domani e che è nelle sale cinematografiche dal 26 ottobre 2023. Domani non è semplicemente un avverbio temporale, è molto di più, è il simbolo di una speranza, è il protendersi verso il futuro, è lo spartiacque tra ieri e oggi.

Strizzando l’occhio al Neorealismo, Cortellesi, nel ruolo anche della protagonista, gira un film classico-moderno per lo stile con una fotografia interamente in bianco e nero. Posa lo sguardo così sulla condizione della donna nell’immediato dopoguerra e ci conduce nella Roma di Rossellini e di Pasolini. Delia come la Mamma Roma di Anna Magnani è schiava del patriarcato.

Il campo qui però è molto ristretto. Non ci sono le ampie panoramiche pasoliniane che riprendono i quartieri periferici. Nel film di Paola Cortellesi tutto è più chiuso, inaccessibile, piccolo, come le finestre della misera abitazione che è per Delia un carcere non certo dorato, perché il marito Invano (Valerio Mastandrea) la riempie di botte al minimo errore.

Con tre figli (di cui una ragazza in età da marito) e un suocero malato da accudire (Giorgio Colangeli), Delia lavora fuori e dentro casa come un animale da soma. Vestita di stracci e con l’andatura battagliera, che viene tradita dallo sguardo spento (gli occhi non mentono), sogna per la figlia Marcella (Romana Maggiora Vergano) un futuro da signora che può realizzarsi solo tramite il matrimonio con un ottimo partito, perché alle donne, soprattutto se povere, negli anni Quaranta non era concesso nulla oltre le nozze. Ma Delia capisce presto che quell’ottimo partito non potrà mai dare la felicità alla figlia perché intravede nel ragazzo tracce di Ivano.

Paola Cortellesi, guardando anche a Ettore Scola, si lascia ispirare dal grande Cinema italiano mescolando due generi agli antipodi, quali il dramma e la commedia. Le scene più cruenti vengono così smorzate e rese più accettabili grazie ai tempi e ai toni comici e alla musica che crea un gioco di contrasti illuminante. Ed è proprio quest’ultima che abbellisce un film dal messaggio politico inequivocabile: solo l’attivismo può davvero cambiare le cose per le donne. Non la fuga, come nel romanzo Una donna di Sibilla Aleramo, né la maternità come nel primo capitolo di quel capolavoro che è Ieri, oggi, domani di Vittorio De Sica. Da non perdere. Maria Ianniciello

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Maria Ianniciello

Mi chiamo Maria Ianniciello. Il mio nome intero è però Ianniciello Maria Carmela ma per comodità mi firmo solo Maria. Sono iscritta all’Ordine dei Giornalisti della Campania dal 2007, nell’elenco dei Pubblicisti. Laureata in Lettere (vecchio ordinamento) con il massimo dei voti presso l’Università di Roma Tor Vergata, ho dedicato gli ultimi vent’anni della mia carriera allo studio dei nuovi e dei ‘vecchi’ Media. Nel 2008 ho fondato questo portale dove tuttora mi occupo di analisi del linguaggio cinematografico, televisivo ed editoriale (saggi, libri per bambini e romanzi). Ho lavorato per testate giornalistiche dell’Irpinia e del Sannio, curando anche uffici stampa. Nel 2018 mi sono diplomata in Naturopatia a indirizzo psicosomatico presso l’Istituto Riza di Medicina Psicosomatica di Milano, diretto dal professor Raffaele Morelli. Ho conseguito poi il Master in Lettura del Corpo mediante la Psicosomatica nel 2019 con la dottoressa Maria Montalto. La conoscenza della Psicologia (disciplina a cui sto dedicando gran parte delle mie ricerche) mi permette di esaminare i nuovi e i vecchi Media con un approccio integrato e molto innovativo.

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