Io capitano: il nuovo (splendido) film di Matteo Garrone

Io capitano: recensione del nuovo film di Garrone

Matteo Garrone in Io capitano si muove abile con la sua macchina in un Senegal colorato e ricco di sfaccettature, rompendo già dall’inizio molti dei pregiudizi e dei tabù che noi bianchi abbiamo sui Paesi africani. Il protagonista è un ragazzo di sedici anni che si chiama Seydou (Seydou Sarr), il quale sogna col cugino Moussa (Moustapha Fall) di emigrare in Europa, in particolare in Italia, e diventare così musicista. Quando comunica il suo desiderio alla madre, quest’ultima reagisce con estrema riluttanza e aggressività consapevole dei grossi rischi che comporta un viaggio del genere.

Siamo nel territorio dell’adolescenza e, spinto soprattutto dal cugino, il ragazzo decide di partire, senza dire nulla alla famiglia, ma non prima di aver chiesto consiglio a un anziano che, dopo avergli fatto fare un rituale in un cimitero di Dakar, gli dice che può partire. I due ragazzi salgono su un pullman ingenui e ignari. E la metamorfosi inizia.

Seydou e Moussa dovranno superare una serie di sfide enormi, prima attraversando il deserto a piedi e poi subendo torture atroci. Seydou, che è il protagonista della pellicola, non perde mai la sua anima: le vicende cruenti che deve affrontare non gli induriscono il cuore. Mettendo al centro del suo percorso la cura e l’attenzione per l’altro, nella consapevolezza che la vita sia un dono e vada rispettata sempre, Seydou sceglie una via alternativa e sicuramente più soddisfacente per raggiungere la meta e quindi realizzare il suo sogno.

Un insieme di sogno e realtà…

L’arco di trasformazione del protagonista è un insieme di sogno e realtà, nello stile di Garrone, che non esita a far precipitare il suo personaggio in un tunnel in cui i tre degli elementi della natura (terra, fuoco e acqua) si manifestano in tutta la loro essenza. La fotografia è accesa, Seydou ha spesso gli occhi lucidi e il suo sguardo, da ingenuo che era, diventa sempre più lungimirante. Il dolore, come anticipato, non lo incattivisce né lo inorgoglisce, semplicemente lo forma, lo plasma, lo fa immedesimare sempre più nelle pene altrui per farne un uomo vero.

Affrontando un tema spinoso, come quello dell’immigrazione clandestina, Matteo Garrone, dunque, mette al centro del suo nuovo film l’ultimo degli ultimi senza rinunciare al realismo magico che da sempre caratterizza il suo Cinema. Io capitano è un film che sconvolge e appassiona perché mostra tutte le tribolazioni dell’animo umano attraverso un personaggio davvero ben costruito.

Qui l’inclusione non è di facciata

Oggi si parla tanto di inclusività nel Cinema ma spesso si tratta solo di una parola astratta, lontana, che viene usata per fare tendenza, un po’ come accade con il Greenwashing. Lui o lei (il disadattato, l’emarginato, il reietto) diventa uno strumento nelle mani di uno sceneggiatore/regista che costruisce sul personaggio da includere una sceneggiatura, i cui valori del patriarcato restano tuttavia inalterati perché il protagonista o la protagonista sale la scala non per distruggere lo status quo ma solo per autoaffermarsi tramite la forza. Seydou non demolisce nulla, semplicemente attraverso il suo esempio d’amore comunica con i cuori degli spettatori e delle spettatrici. Maria Ianniciello

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