Brain on fire – Cervello in fiamme: recensione del film

Nella preistoria e anche in epoche più recenti quando un individuo aveva atteggiamenti insoliti e deliranti, che oggi potrebbero rientrare nelle psicosi, non era inusuale trapanare il cranio per far uscire fantomatici spiriti maligni. Il cervello è un organo misterioso e complesso, di cui si conosce ancora poco, e non è detto che in futuro non si scopra che dietro ai disturbi psichiatrici ci siano fattori fisiologici precisi. Ne sa qualcosa Susannah Cahalan che di punto in bianco comincia a soffrire di convulsioni e ad avere atteggiamenti maniaco-depressivi. La sua storia, che è al centro di un libro autobiografico, ha ispirato il film Brain on fire (cervello in fiamme) che è uscito al cinema nel 2016 ed è visibile su Netflix.

Susannah (Chloë Grace Moretz) è una praticante giornalista che si sta facendo le ossa in una redazione di un giornale importante con impegno ed audacia, quando il giorno del suo compleanno comincia ad accusare strani sintomi. Inizialmente non ne parla con nessuno, poi si fa visitare da un medico che, dopo una serie di esami, le dice che è in perfetta salute. Il suo stato psico-cognitivo però peggiora e una notte il fidanzato si accorge che Susannah sta avendo un forte attacco convulsivo. Ricominciano le indagini mediche eppure la diagnosi è sempre la stessa: «E’ colpa forse dello stress o delle presunte sbornie», dicono i medici.

brain on fire

La ragazza – che non beve né si droga – è fuori di sé, perde il controllo, ha allucinazioni uditive ed è costretta a vivere con i genitori che, nonostante si siano separati, sono in ottimi rapporti. La situazione precipita ancora. Susannah cade in un uno stato catatonico ma per il personale dell’ospedale si tratta di schizofrenia e quindi la ragazza dovrà essere trasferita in una struttura adeguata. I genitori però non credono alla diagnosi, perché la figlia non ha mai dato alcun segnale di squilibrio psichiatrico, quindi esigono delle risposte diverse.

Con ritmo serrato la macchina da presa di Gerard Barrett si muove agile in un contesto non semplice creando pathos e un senso di costrizione, per descrivere l’umana follia e le sue conseguenze, ma anche quella sensazione di sconforto, impotenza e spaesamento che si prova quando si è di fronte ad un male sconosciuto.

Brain on fire è un film al cardiopalmo che, con un ottimo cast e una regia valida, tiene alta l’attenzione dello spettatore, indugiando sul volto stralunato della protagonista che si aggira smarrita tra le strade di una città che continua a vivere ad un ritmo serrato incurante dello smarrimento dei singoli. Maria Ianniciello

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto