La quattordicesima domenica del tempo ordinario di Pupi Avati

Recensione del nuovo film di Pupi Avati

La quattordicesima domenica del tempo ordinario è forse uno dei film più elegiaci di Pupi Avati. Il regista ambienta gran parte della sua nuova opera nella Bologna dell’infanzia e della giovinezza, quando si riteneva che i sogni si realizzassero solo pensandoli e credendoci. Il nuovo film di Pupi Avati conserva l’eleganza di altre opere precedenti ma resta un po’ troppo in superficie, anche a causa della varietà dei temi solo sfiorati, pur toccando diverse corde emozionali. Il personaggio principale è ben strutturato nelle proprie insicurezze e fragilità. Gli elementi biografici – che conducono Marzio Barrera a Pupi Avati – sono tanti, in modo particolare la passione per la musica mai davvero trasformata in una carriera di successo.

Trama del film e considerazioni

Marzio – che da giovane è interpretato da Lodo Guenzi, mentre da anziano ha il volto di Gabriele Lavia – insieme al suo grande amico d’infanzia Samuele Nascetti (Massimo Lopez da anziano e Nick Russo da giovane) fonda un duo musicale, i Leggenda. Ma i due non riescono a sfondare e quindi si allontanano. Con flashback, Avati ci riporta indietro nel tempo mostrandoci come i sogni si infrangono e come ci si deve adattare ai tempi. Marzio da giovane si innamora di Sandra Rubin (Edwige Fenech da anziana, Camilla Ciraolo da giovane) che, dopo averlo sposato, lo lascia soprattutto a causa delle folli scenate di gelosia che la limitano molto nella sua ambizione di realizzarsi come indossatrice.

La quattordicesima domenica del tempo ordinario è un film piuttosto mite e nostalgico che affronta il tema dell’amicizia con una certa profondità. Quando l’amico Samuele muore, infatti, Marzio è costretto a rivedere la propria vita e, ricongiungendosi idealmente con quel padre che aveva perso troppo presto, forse si concederà da anziano una seconda chance in amore. La pellicola ci dice inoltre tra le righe che le persone, anche se plasmate dagli eventi, restano sempre le stesse nella loro struttura psichica innata. Il nuovo film di Pupi Avati va visto senza troppe aspettative né pretese ma con attenzione perché solo così ci si può far trasportare dalla storia, tra passato e presente, altrimenti non se ne potrà apprezzare la sceneggiatura. Maria Ianniciello

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