
L’ufficiale e la spia: recensione del film di Polanski
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L’ufficiale e la spia, il meraviglioso film di Roman Polanski, è un racconto lucido e disincantato di un’ingiustizia subita da un innocente, reo solo di essere ebreo. J’accuse (questo il titolo francese che ricorda l’editoriale che lo scrittore Emile Zola indirizzò al presidente della Repubblica, nda) è una pellicola che sembra partire in sordina, con un ritmo lento, ma che gradualmente acquisisce ritmo ed intensità, con un climax ascendente. Il film prende così l’attenzione dello spettatore attimo per attimo, istante per istante.
La macchina da presa del regista con un campo lunghissimo definisce il contesto: siamo in ambito militare, nella Francia del 1895. Oltre un secolo dopo la Rivoluzione Francese, con la quale si diffusero gli ideali che cambiarono le sorti del nostro continente. Il Paese si era evoluto, esistevano delle Leggi, eppure il potere trovava sempre il modo per infrangerle in una Francia antisemita e nazionalista; tutto questo ci dimostra, dunque, che il Nazismo ebbe terreno molto fertile in Europa.

L’ufficiale e la spia: recensione e trama
L’ufficiale e la spia strizza l’occhio, quindi, al cinema d’inchiesta con uno stile classico per la forma e contemporaneo per la sostanza. L’abitudine di portare sul patibolo coloro che hanno costumi, origini, tradizioni e idee diverse dalla moltitudine risale alla notte dei tempi in un Occidente che sta facendo della performance lo strumento ideale per affermare i propri valori consumistici. Accadde a Giovanna D’Arco per il solo fatto di essere donna e poi a Giordano Bruno; persino Galileo Galilei fu accusato di eresia.
La storia del capitano francese Alfred Dreyfus (Louis Garrel) è raccapricciante. Condannato di alto tradimento senza un processo giusto e soprattutto senza prove , Dreyfus ebbe una sentenza allucinante per il solo fatto di essere ebreo: fu cacciato dall’esercito ed esiliato nella spaventosa Isola del Diavolo, dove fu sottoposto alle più atroci sevizie. Le vite si intrecciano e sulla strada di Dreyfus compare Georges Picquart (Jean Dujardin), un ufficiale con un forte senso della giustizia che casualmente comincia ad indagare. Non aggiungo altro sulla trama, perché L’ufficiale e la Spia è un capolavoro e vi rovinerei il gusto della sorpresa.

Posso solo dirvi che Roman Polanski con la sua macchina da presa compie un lavoro encomiabile rendendoci parte attiva, senza mai disorientarci, e dimostrando un’ottima capacità di racconto e di sintesi. Il regista, attraverso una vicenda passata, parla all’uomo e alla donna dei nostri giorni per ricordaci che le ingiustizie sono all’ordine del giorno. Perciò, dobbiamo rimanere vigili. Il regista inoltre fa leva sulla nostra rabbia per parlare di Verità. E chissà che questo film non abbia anche qualche nota autobiografica… Da non perdere! (La recensione è stata scritta da Maria Ianniciello)
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Maria Ianniciello
Giornalista culturale. Podcaster. Scrivo di cultura dal 2008. Mi sono laureata in Lettere (vecchio ordinamento) nel 2005, con il massimo dei voti, presso l'Università di Roma Tor Vergata, discutendo una tesi in Storia contemporanea sulla Guerra del Vietnam vista dalla stampa cattolica italiana. Ho lavorato in redazioni e uffici stampa dell'Irpinia e del Sannio. Nel 2008 ho creato il portale culturaeculture.it, dove tuttora mi occupo di libri, film, serie tv e documentari con uno sguardo attento alle pari opportunità e ai temi sociali. Nel 2010 ho pubblicato un romanzo giovanile (scritto quando avevo 16 anni) sulla guerra del Vietnam dal titolo 'Conflitti'. Amo la Psicologia (disciplina molto importante e utile per una recensionista di romanzi, film e serie tv). Ho studiato presso l'Istituto Riza di Medicina Psicosomatica il linguaggio del corpo mediante la Psicosomatica, diplomandomi nel 2018 in Naturopatia. Amo la natura, gli animali...le piante, la montagna, il mare. Cosa aggiungere? Sono sposata con Carmine e sono mamma del piccolo Emanuele