La violenza sulle donne tra educazione e responsabilità maschile

Violenza sulle donne: si leggono sui giornali molte storie di abusi e maltrattamenti ma i casi potrebbero essere molti di più perché ancora purtroppo si denuncia poco. Film e serie tv descrivono la brutalità di questi atti ma che cos’è realmente una violenza? Come afferma lo psicoanalista Massimo Recalcati, “chi odia le donne in realtà odia la loro libertà”, quindi la violenza non è altro che una profanazione della libertà. Possiamo dunque affermare che c’è violenza tutte le volte in cui si priva o si cerca di privare l’altro della propria libertà. All’opposto esiste amore laddove c’è libertà!

Si compie violenza quando si è possessivi, quando i propri diritti si pongono al di sopra di quelli della partner, quando in un rapporto i bisogni di uno sono più importanti e prioritari di quelli dell’altro. Tutte le volte in cui c’è una forma di dipendenza potrebbe esserci anche violenza che non va intesa solo in termini di percosse ma anche nel senso di una vera e propria ripercussione psicologica. La persona dipende o pensa di dipendere dal proprio partner, pensa che i suoi diritti e bisogni abbiano meno importanza altrimenti non sarebbe succube dell’altro.

Talvolta si tratta di percezioni: la donna si sente in qualche modo e in qualche forma privata della propria libertà (anche quella più emancipata) perché la società è stata (e lo è ancora in parte) per troppo tempo uomo centrica. In poche parole la donna si porta dentro di sé secoli di abusi e maltrattamenti che a livello inconscio la condizionano. Sente di valere meno o di non essere abbastanza e tutto questo potrebbe spingere le donne o alcune di loro a confermare nella propria quotidianità tale percezione.

Gli studi hanno dimostrato che le neonate vengono fatte piangere di più dei loro coetanei maschi, ancora oggi. In realtà il pianto è l’unico mezzo che un neonato ha per esprimere i propri bisogni (fame, sete, sonno, pannolino sporco etc). Crescendo, attraverso i giocattoli e i cartoni animati, si spinge la bambina verso la cura condizionandola a mettersi a disposizione dell’altro anziché a lasciarla libera di scegliere ciò che è meglio per lei. Il genere femminile subisce tutta una serie di condizionamenti che, uniti al bagaglio storico, fanno sentire la donna vittima e non artefice del proprio destino. Anche questa è una forma di violenza.

Ancora oggi viene insegnato alle donne a stare al loro posto e a non avere le stesse pretese dei maschi. Oggi, nonostante il genere femminile sulla carta abbia acquisito molti diritti, sono troppe, tante, le donne costrette a scegliere tra lavoro e famiglia. Se la donna lavora fuori casa, si deve assumere la responsabilità delle incombenze domestiche e della cura dei figli, oltre al carico mentale. L’equa divisione dei compiti è ancora un miraggio.

Lo stress per le donne che lavorano è altissimo. Le molestie sui luoghi di lavoro poi non sono inusuali. Le donne, quindi, sono costrette a fare più attenzione degli uomini e questo è un limite anche per la carriera. Anche il dover fare attenzione costantemente alla propria incolumità è in qualche modo una forma di violenza che in una società evoluta non dovrebbe esistere.

Il problema è che sono ancora tante le donne inconsapevoli dei loro diritti. Donne che accettano lo status quo perché così è stato insegnato loro di fare attraverso l’esempio, spesso materno. E tutto questo perpetua le violenze. La realtà è che viviamo ancora in una società che mette il maschio al centro. Gli uomini – che non comprendono di far parte del sistema e negano o non si rendono conto che il genere femminile parta svantaggiato per le cause che ho qui esposto – si rendono artefici di tale violenza perché non fanno nulla per contrastarla. Le donne d’altra parte devono uscire dai limiti mentali che le obbligano al sacrificio.

Gesù disse: “Non voglio sacrifici ma misericordia”. La donna non dovrebbe mai sacrificarsi, dovrebbe al contrario rispettare se stessa e gli altri. E lo stesso dicasi per gli uomini. Il senso della libertà sta nella capacità di decidere autonomamente della propria vita, di decidere cosa è bene e cosa è male. Ogni donna ha una certa difficoltà a mettere in pratica in maniera totale questo concetto. La società italiana non si è evoluta ancora abbastanza. Eppure un viaggio di mille miglia inizia con un primo passo. La cosa più importante è capire la direzione da prendere! Carmine Caso

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