Dalla parte delle bambine di Elena Gianini Belotti

Recensione: Dalla parte delle bambine

Leggendo Dalla parte delle bambine (Feltrinelli) di Elena Gianini Belotti, che è un classico della pedagogia di genere, ho ripensato ai modelli femminili della mia infanzia. A parte mia madre – che ha sempre cercato di autodeterminarsi in un contesto molto patriarcale e ostico – le figure femminili della mia infanzia (soprattutto le mamme delle mie compagne di scuola e amiche) erano quasi tutte economicamente dipendenti dai mariti. Pochissime lavoravano, forse nessuna. A una mamma in particolare il marito-patriarca le vietava di indossare i pantaloni, di tagliarsi i capelli, di truccarsi, di guidare e ovviamente di lavorare, perché l’indipendenza della moglie era, secondo me, un pericolo per l’idea retrograda di virilità maschile che quella persona aveva interiorizzato. All’epoca ero troppo piccola per rendermi conto che quell’uomo aveva messo sotto chiave un essere umano, togliendogli la libertà.

Le altre mamme non erano poi così emancipate. Prendere un caffè con un’altra mamma al bar per la maggior parte delle donne della mia infanzia era praticamente impossibile. Erano gli anni Ottanta e io vivevo in un Sud Italia ancora molto arretrato per quanto riguarda l’emancipazione femminile.

Come sono cresciute le mie compagne di classe? Come sono cresciuta io? E la prigione, nella quale erano state rinchiuse molte donne, quanto ha condizionato me e le mie coetanee? A tal proposito c’è un passaggio de Dalla parte delle bambine che mi ha molto colpita perché riguarda l’identificazione della bambina con la madre, che è cieca, scriveva Gianini Belotti, e sorda a tutto quello che non sia la casa e la famiglia. Questo modello femminile agisce sulle bambine come un potente selezionatore di ciò che deve essere desiderabile e di ciò che non lo deve essere.

Dalla parte delle bambine

Differenze nei disegni e non solo…

La pedagogista sosteneva che i bambini maschi all’asilo disegnavano soggetti molto più ricchi e vari con protagonisti poliziotti, operai, camionisti, ladri, vigili urbani. I soggetti femminili nei disegni di questi maschietti erano quasi inesistenti. Le femmine invece disegnavano soggetti legati alla vita familiare, il tema ludico ricorreva con meno frequenza. “I maschi giocano con qualcosa”, mentre “le femmine a qualcosa”, precisava Belotti nel suo libro. Qualcuno potrebbe obiettare che è la biologia a spingere le bambine verso i giochi di cura, mentre i bambini verso le attività ludiche motorie. No, secondo Belotti non è la biologia bensì è la cultura che costruisce gli stereotipi di genere per far sopravvivere (preciso io) un determinato sistema di potere di stampo patriarcale e maschilista. 

“A cinque anni –sostiene l’autrice de Dalla parte delle bambine – l’adeguamento agli stereotipi è già compiuto”. Il maschio è considerato aggressivo, attivo, dominatore. La femmina è ritenuta remissiva, passiva, dominata. Il primo è stato obbligato a realizzarsi il più possibile sebbene nella sola direzione del successo e della sopraffazione; la seconda è stata obbligata a intraprendere la direzione opposta, cioè la non realizzazione di sé, sacrificando così l’indipendenza, la creatività, la dignità.

Secondo Gianini Belotti, si arriva a queste dinamiche mediante una sorta di lavaggio del cervello che comincia sin dalla nascita, per esempio con differenze nell’allattamento e nella cura da parte della madre verso il figlio maschio che era comunque detentore di maggiore rispetto e di attenzione, considerata la sudditanza della stessa madre nei confronti del genere maschile. “Dalla somma degli atteggiamenti della stessa madre verso il suo corpo (di gratifica o di ripulsione o l’uno e l’altro) il bambino impara a considerarlo come una cosa buona oppure no, impara ad amarsi o a detestarsi”, precisava la pedagogista.

Concentrandosi sulla famiglia e sulla scuola, l’autrice di questo meraviglioso libro cult racconta dunque come nascono e come si mantengono intatti di generazione in generazione gli stereotipi di genere.

Un libro ancora molto attuale

Passività e dedizione alla cura degli altri, del proprio aspetto esteriore e della casa: sono le richieste implicite che si fanno alle donne nel 2023. Uscito nel 1973, il saggio è infatti ancora tremendamente attuale. All’epoca il libro fece scalpore mettendo le basi per un nuovo e interessante filone del movimento femminista, non solo Italiano. Oggi è una pietra miliare, perché dimostra con esempi concreti quanto e come l’ambiente crei i pensieri e di conseguenza i comportamenti di uomini e donne. Da leggere e rileggere. Lo trovi qui. Maria Ianniciello

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