‘Specchio delle mie brame. La prigione della bellezza’, il libro di Maura Gancitano

“Se bella vuoi apparire un po’ devi soffrire”. Questo detto mi accompagna sin dall’infanzia e mi viene in mente tutte le volte in cui faccio la ceretta o non ho voglio di truccarmi e di pettinarmi. Per me queste parole sono come una sorta di mantra motivazionale che mi spinge ad abbattere l’ostacolo, ovvero la pigrizia e la noia, per fare ciò che mi viene richiesto: apparire bella. “Perché?”. Chiederebbe mio figlio di tre anni. “Perché così è”. L’antico proverbio mi è venuto in mente leggendo il nuovo libro di Maura Gancitano Specchio delle mie brame. La prigione della bellezza (Einaudi), nel quale la filosofa e scrittrice riaffronta in chiave contemporanea il mito della bellezza descritto da Naomi Wolf negli anni Novanta.

Secondo Gancitano, il mito della bellezza è strettamente collegato alla società di mercato e nello specifico al Neoliberismo che, con messaggi pubblicitari mirati, spinge le donne verso modelli di bellezza omologati e irraggiungibili. La taglia 42, la magrezza ad ogni costo, il corpo completamente depilato, la pelle levigata e priva di imperfezioni sono tutti obiettivi che la donna contemporanea, secondo Maura Gancitano, è chiamata a raggiungere e, se non ci riesce, per l’opinione inconscia corrente e quindi per la donna stessa, non è colpa dei modelli bensì della sua debole forza di volontà.

(…) Il mito della bellezza non riguarda solo il viso e le misure del corpo femminile, ma anche i rapporti di potere nella società, nelle famiglie, nel mondo del lavoro, tra i generi. (…) Nella società contemporanea il lavoro femminile è determinate ma rischia di dare alle donne il potere di scegliere come gestire i propri soldi. (…) Diventa quindi essenziale indirizzarne i consumi per fare in modo che, nonostante acquisiscano più diritti, le donne vivano in una costante ansia da prestazione, si sforzino di raggiungere l’ideale in tutti i campi e si sentano sempre manchevoli, inadeguate, sbagliate.

Per Maura Gancitano, non è stato l’intero genere maschile a mettersi d’accordo per impedire alle donne di essere libere ma è stato l’ordine sociale che – nel momento in cui le donne hanno avuto accesso all’indipendenza – ha iniziato a produrre controimmagini e a contenere il cambiamento creando uno standard di bellezza che prima dell’avvento della società di massa era pressoché inesistente.

L’industria della bellezza – ci avverte la filosofa e ideatrice del progetto Tlon – poi mira a vendere sempre più prodotti per aumentare il fatturato suscitando, con campagne di marketing mirate, così la vergogna, l’inadeguatezza e quel senso di frustrazione che consegue la mancata riuscita di un obiettivo che già di base non è perseguibile semplicemente perché ognuna di noi è diversa.

Specchio delle mie brame è un libro carico di significati e significanti che ci porta per mano nel mito per raccontarci come e quando è nato. Attraverso dati e storie di vita vissuta a volte anche tragicamente, l’autrice crea un percorso avvincente e ricco di informazioni. In questo volume Maura Gancitano non demonizza la bellezza né ci dice che dobbiamo smettere di mangiare bene, di fare attività fisica, di truccarci e di vestirci alla moda. La filosofa rivede al contrario nel suo nuovo libro il concetto di bellezza che è molto ampio e particolareggiato, quindi non può essere definito dall’esterno e nientemeno può essere standardizzato. La bellezza non è auto-oggettivazione e oggettivazione dei corpi femminili. La bellezza, afferma l’autrice, “è ciò che accade quando riusciamo a sentirci nel flusso”. Da leggere per riflettere. La recensione è di Maria Ianniciello

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