Cultura umanistica tra oblio e indifferenza ma cosa ci insegna la letteratura?

Cosa sta accadendo alla cultura umanistica e perché la Letteratura, la Musica, la Storia dell’Arte stanno sparendo dai programmi scolastici statunitensi e anche in Italia sembrano non avere più appeal? Secondo la scrittrice Azar Nafisi, la causa andrebbe ricercata in una visione mercenaria e utilitaristica che si mostra insensibile al vero benessere della gente. Questa forma mentis, per l’autrice iraniana-statunitense, taglia fuori l’immaginazione e il pensiero marchiando come insignificante la passione per la conoscenza. “I toni sguaiati dei Media e dei politici – sostiene Nafisi nel libro ‘La repubblica dell’immaginazione’, in Italia pubblicato da Adelphi – alimentano una mentalità pugilistica e noi cittadini diventiamo semplici spettatori, con emozioni e sensazioni da stimolare costantemente in una sorta di scarica adrenalinica che ci fa essere passivi e dipendenti dal gioco”.

I filosofici e ideatori del progetto Tlon, Maura Gancitano e Andrea Colamedici, nel libro ‘La società della performance’ (edizioni Tlon), affermano che viviamo in una realtà in cui si esalta la tecnica, il progresso, l’efficacia e tutto ciò che ha un valore in termini economici. Perciò se il prodotto non tira lo si toglie dal mercato. Le scuole, secondo Gancitano e Colamedici, si sono trasformate in luoghi dove si dispensano nozioni e non dove crescono e si sviluppano persone. Le Università sono diventate delle aziende e i ragazzi vengono indirizzati verso tutto ciò che può dare uno sbocco lavorativo immediato e quindi verso ciò che è performante.

Nella società della performance non c’è spazio per la meraviglia né tempo per l’ozio e quindi neanche per a cultura umanistica. L’essere umano, avvertono i due filosofi, è come una macchina o meglio un contenitore di informazioni e dati. Nulla di più. L’insegnante, quindi, è un performer e non può uscire dalle direttive, lo studente a sua volta deve rispondere con un’altra performance che non può offrire una risposta originale e creativa perché conta solo l’oggettività e ciò che è misurabile.

Nel libro Gancitano e Colamedici si soffermano anche sulla mancanza di riti di passaggio. Nella società della performance, dicono, la nascita e la morte sono eventi imbarazzanti che vanno medicalizzati e vissuti in ambienti sterili. Così bisogna sopprimere il dolore e con esso tutto ciò che non può essere mostrato sui social disfacendosene il prima possibile. La pena è la pubblica gogna e poi il dimenticatoio!

Ma a cosa serve la Letteratura e in generale la Cultura umanistica? Secondo Nafisi serve a farci uscire dal narcisismo, incoraggiandoci a pensare, a immaginare, a porci delle domande. La scrittrice sempre nel libro ‘La repubblica dell’immaginazione’ scrive: “Mi sono chiesta se questo attacco alla Letteratura non sia un tentativo di sbarazzarci da tutto ciò che è ripugnante, che non si adegua alle nostre regole, che non ci semplifica la vita e non ricade nella nostra sfera di potere e controllo”. Già, il controllo. I romanzi ci fanno perdere il controllo e, mostrandoci il lato disumano dell’umanità, ci accostano al divino. Come accade per esempio in Cime Tempestose di Emily Brontë (lo trovi qui) o anche ne Il buio oltre la siepe di Harper Lee.

Nel suo libro Azar Nafisi illustra le caratteristiche di un personaggio sui generis come Huck de ‘Le avventure di Huckleberry Finn” di Mark Twain, per poi soffermarsi su ‘Babbit’ di Sinclair Lewis e sulla scrittrice Carson McCullers. Nell’epilogo si concentra infine su James Baldwin. Mediante queste storie si è voluto dimostrare che l’immaginazione ci aiuta a modellare la nostra idea di mondo e il posto che vi occupiamo, influenzando così la capacità di scelta. Secondo Nafisi, la narrativa ha quindi la funzione di farci tornare alla realtà con occhi rinnovati.

Eppure lo spirito del nostro tempo non la contempla perché è estremamente narcisistico; l’individuo è concentrato solo su se stesso e sulle sue pulsioni stimolate costantemente dal marketing. Di conseguenza l’uomo e la donna occidentali non riescono a gioire per il fatto di esserci ma, essendo stati educati al consumo, sono sempre affamati e alla ricerca di novità che sembrano non bastare mai. Per lui e per lei, non conta l’esperienza in sé ma la quantità di cose che ha fatto e soprattutto quanto queste siano state redditizie, quindi in una realtà siffatta anche la spiritualità diventa un bene di consumo e il marketing la sfrutta per acquisire proseliti.

La Letteratura e in genere le discipline umanistiche ci fanno invece andare alla deriva. In un bel romanzo o in una poesia ci perdiamo per poi ritornare alla luce più completi. Una storia di morte e dolore per esempio potrebbe spingerci all’attivismo o anche all’inerzia, potrebbe addolorarci o farci diventare furiosi, potrebbe stravolgere la nostra quotidianità apportando novità e stupore. Ma la nostra eccessiva richiesta di sicurezza e controllo ci sta facendo perdere di vista l’essenziale. Le storie spaventose, contenute in certi libri, ci destabilizzano e quindi, facendole finire nel dimenticatoio, si vuole eliminare ciò che è spiacevole dalla nostra visuale proprio perché abbiamo molta difficoltà ad affrontare il vero trauma, ovvero ad affrontare la vita. Maria Ianniciello

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