Lucio Dalla… archeologo alle Tremiti

 
Il quattrocentesco  Torrione del Cavaliere nell’Isola di San Nicola
Il quattrocentesco Torrione del Cavaliere nell’Isola di San Nicola

  Non c’era molta gente al porticciolo di Mattinata sul Gargano quella sera. Lucio Dalla, col mento in mano, il gesto di chi avverte di essersi imbattuto in una traccia, guardava verso i muretti residui di una villa romana antica. Mimmo Paladino lo raggiunse e cominciò a guardare nella stessa direzione. Grandi amici, i due artisti non s’erano accorti di me alle loro spalle, provai a scherzare: “State sbagliando, quella non è una tomba”. Per primo si voltò Mimmo, riconosciuta la mia voce. Sorrise, chiese a che cosa alludevo. Risposi “alla tomba di Giulia minore, anzi Vipsania Julia Agrippina, una principessa licenziosa di duemila anni fa, che però fu sepolta alle Tremiti, non qui a Mattinata”. Lucio ironizzò: “Licenziosa?  Che bella parola, dove l’hai presa? Di una donna licenziosa non cerco mica la tomba”.

  Il mio accenno alla tomba perduta era stato solo un pretesto per salutarli, però Dalla mi trattenne, si mise a fare… l’archeologo: “Alle Tremiti c’è la tomba di Diomede, scavata nella roccia di fronte al mare, dentro è vuota. E Diomede non era licenzioso, altrimenti sareste licenziosi anche voi due beneventani che avete il chiodo in testa che fu lui a inventare la vostra città”.  Stavo per ribattere “che bella frase inventare una città”, quando lui aggiunse che, tornando dalla guerra di Troia, l’eroe greco s’era portato in saccoccia tre o quattro pietre, gli caddero in mare e ne nacquero le Tremiti, Isole Diomedee. Con Brilla, la barca a cui aveva dato il nome del suo cane preferito,  Lucio era diretto a San Domino, alla Caletta delle Arene, o Arenne come pronunciano a Tremiti. Fingendosi disinteressato alla tomba di Giulia minore, canticchiava impettito a braccia conserte: “Brilla, vengo al porto, e poi ti porto, ti porto nel porto”. Ma ormai lo avevo incuriosito: d’improvviso scoppiò in un ghigno-risata, e si decise a chiedermi  “dai, racconta….”.

  Le Tremiti, dalle acque blu che gli ispirarono com’è profondo il mar, custodiscono suggestioni d’amore e malinconie millenarie che incantano la fantasia di turisti fuori norma. San Domino, San Nicola e Capraia  – tre spartane isolette, e qualche scoglio –  è meglio raggiungerle in elicottero, per poterle fotografare dal cielo.

Dettaglio di un mosaico nella stessa Chiesa
Dettaglio di un mosaico nella stessa Chiesa

Rinunciando al traghetto, son pochi minuti di volo di linea. All’arrivo, a terra è il paradiso dei camminatori, niente automobili, a mare un paio di piccoli yacht, motoscafi e tanti gommoni di sub, fotografi piuttosto che pescatori, che sanno tutto quello che c’è lì sott’acqua, si immergono fino a una nave romana affondata al tempo di Augusto e non sanno che potrebbe essere proprio quella che trasportò Giulia minore. Se oggi le Tremiti contano appena cinquecento residenti, duemila anni fa dovevano contarne meno di cinquanta. Per questo,  Augusto imperatore di Roma vi esiliò la ragazza. Era sua nipote, figlia di sua figlia Giulia maggiore e di Marco Vipsanio Agrippa, il raffinato intellettuale e politico che costruì il Pantheon. Nata nel 19 a.C., avevano provato a educarla a filar la lana, a star lontano dai ragazzi. Ma si rivelò allergica alle regole, propensa alla bella vita. A otto anni perse il padre, a quindici fu data in sposa al console Lucio Emilio Paolo. Dal marito pretese subito una lussuosa villa in campagna, troppo lussuosa secondo Augusto, che la fece radere al suolo! Avuti due figli, cominciò a concedere spudoratamente le sue grazie in giro per la capitale, pur avendo un amante fisso, il giovane patrizio Decimo Giunio Silano.

 La Chiesa dell’ Abbazia di Santa Maria del Mare a San Nicola
La Chiesa dell’ Abbazia di Santa Maria del Mare a San Nicola

   Dove e in che modo se la spassava era noto a tutti, l’ultimo a saperlo fu il nonno imperatore. Succede. Quello che Giulia minore combinava era noto specialmente a Ovidio, autore dell’Ars amatoria, l’arte di amare. A corte il grande poeta curiosava sulle abitudini intime dell’imperatrice Livia, irreprensibile matrona all’antica, sposa di Augusto per ben cinquantuno anni, e forse aiutò  Giulia minore nella relazione con Silano, l’amante fisso. Per giunta, Ovidio frequentava un po’ troppo da vicino la madre di lei, Giulia maggiore figlia di Augusto. E lo scrisse in un verso “ho commesso un errore”. Uno soltanto? Augusto se lo tolse di torno spedendolo ai confini orientali dell’Impero, a Tomi sul Mar Nero, oggi Costanza in Romania, dove il poeta morì. Se l’era meritato, dissi io a Lucio Dalla, la legge era quella, lui che conosceva ogni trucco per conquistare le donne era cascato nella rete delle due Giulie maestre del sesso. “Che fesso”, fece rima Lucio.

Giulia maggiore, figlia di Augusto
Giulia maggiore, figlia di Augusto

  Augusto non sapeva perdonare. Pochi anni prima aveva personalmente denunciato in Senato sua figlia Giulia maggiore per aver violato la Lex de adulteriis. La mandò in esilio fino alla morte sull’isola di Ventotene, sperduta nel Tirreno al largo di Ponza, e ordinò al suo amante Iullo di suicidarsi!  “Donna di rara bellezza, inquinata dalla lussuria”, la definì Velleio Patercolo. Dieci anni dopo, a causa di Giulia minore, ecco un nuovo scandalo in famiglia. Augusto dovette pensare qualis mater talis filia, tale madre tale figlia. Così, nell’anno 8 d.C. fece preparare i bagagli anche per Giulia ‘piccola’. La carrozza scortata dalla guardia imperiale prese l’Appia, la via più rapida verso il Sannio e il Gargano. La principessa venne imbarcata per le Isole Tremiti, sperdute nell’Adriatico al largo del Gargano. Era incinta, chissà di chi. Per evitare problemi, l’imperatore dichiarò illegittimo il bambino e glielo tolse. Alle Tremiti Giulia minore rimase vent’anni, il resto della sua vita. Morì nel 28 d.C. L’inflessibile nonno vietò che le sue ceneri, e quelle della madre, fossero deposte nel Mausoleo di Augusto a Roma, la tomba di famiglia presso il Tevere nella quale concedeva sepoltura perfino ad amici. Giulia minore fu dunque sepolta alle Tremiti. Tesissimo,  Lucio Dalla urlò “ma dove? sbrigati a dirlo”. Che ne so, risposi, della sua tomba non c’è traccia, è roba per archeologi, provaci… tu, maestro di fantasia.

  Giulia minore, figlia di Giulia maggiore
Giulia minore, figlia di Giulia maggiore

  Anche per questo valgono un viaggio le Tremiti. Sarà la fantasia a farvi archeologi, come accadeva a Lucio Dalla. Nei lineamenti delle poche ragazze locali troverete richiami al viso delicato della principessa romana, alla sua bocca sensuale, all’acconciatura di ultima moda che lei volle per il suo ritratto su una moneta. Vi sembrerà di scoprire le orme dei suoi piedi sulle spiagge di pochi metri, nascoste sotto pareti a picco, e di sentire l’eco del suo pianto nelle grotte tappezzate di stalattiti dai riflessi cobalto. Risalendo poi tra castelli di rocce e architetture da favola, dovrete chiudere gli occhi per immaginarla passeggiare al sole, tra i fiordalisi blu e le violette selvatiche che profumarono le sue ultime venti primavere solitarie.

  Sogni, d’accordo, ma alle Tremiti si è fuori del tempo, e non tornerete al Duemila neppure quando a tavola vi serviranno una fresca insalata pregandovi, come fanno di solito, di non dire che è una caprese con aggiunta di capperi e melanzane, come in effetti è. Piuttosto, individuate quante parole latine contiene il caratteristico vernacolo locale, una lingua napoletana bloccata da secoli.

  L’arrivo di mia moglie ricondusse me, Lucio Dalla e Mimmo Paladino a una realtà dal sapore strano.

Elio Galasso

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