CARNERA, UN PUGNO DI DOLLARI

Dieci chili appena nato, che bambino Primo Carnera! La boxe oggi è in declino, ma lui rimane nel mondo una gloria italiana, in Italia un mito. Si arriva al suo paese tra aromi di mosto, attraverso tipici vigneti friulani in piena vendemmia. Meta di tanti è la sua casa-museo, oltre alla bella strada che gli hanno intitolato. Lì a Sequals, piccolo borgo presso Pordenone, non trovi soltanto il turista sportivo a caccia di memorie del primo pugile italiano diventato Campione del Mondo dei Pesi Massimi. A diciotto anni, alto più di due metri, Primo Carnera pesava centoquaranta chili, un corpo statuario su due piedi cinquantadue. Una meraviglia della natura.

Passando da quelle parti, si sentono disquisizioni incomprensibili nel Sud. Per esempio che, per gustare al meglio il ‘Sandenèl’, uno spumante è più adatto d’un rosso ma bisogna badare all’invecchiamento oltre che ai millesimi. Intendersi di gastronomia non basta a capire. Tantomeno serve chiedere perché il Sandenèl non venga tagliato a fette doppie a colpi di coltello, cosa che nel Sud è il massimo. Il Sandenèl in lingua veneta è il ‘sacro’ prosciutto di San Daniele del Friuli, delizioso paese a due passi da Sequals, dove dicono che solo il palato dei nativi sia in grado di avvertirne profumi e delicatezza già mentre vien tagliato a fette sottilissime, ‘soprafine’, il più possibile uguali fra loro. Senza alcuna possibilità di vivere le emozioni che regala il palato all’incontro di quella delizia con il prosecco spumante, chi arriva da altrove deve accontentarsi del classico abbinamento con i grandi vini rossi locali, il refosco, il traminer, e mai accennare a sfregi di coltello.

Sostare qualche giorno nelle terre di Sequals risulta poi un susseguirsi di scoperte d’arte e di storia, un invito a concentrarsi su infinite suggestioni. Ed è davvero singolare che proprio nei luoghi dove il rapporto fra strutture urbane e campagna restituisce a piccole dimensioni una creatività tutta italiana, sia fiorito il mito del gigantismo, quello di Primo Carnera, l’atleta dal nome augurale che vi nacque nel 1906 e non morirà mai. Nelle pieghe misteriose di quel mito internazionale esaltato nella sua casa-museo ho cercato qualcosa di lui che non deve passare inosservato, oscurato dalla grandezza delle gesta sportive. Nella personalità di Carnera, ragazzo alieno all’uso ‘cattivo’ della forza, ho così intravisto aneliti di tenerezza, espressi mediante la riluttanza con cui via via accettava le scelte fatte da altri per lui. Anche il suo sfruttare al minimo il proprio mito appare il contrario di quel che vediamo negli idoli di massa odierni, aggrappati alla popolarità con la paura che svanisca rapida com’è nata, personaggi effimeri che, volenti o nolenti, finiscono talvolta per alimentarla addirittura col suicidio!

Negli Anni Trenta, interessava a pochi che Carnera fosse un ragazzo sensibile, da lui volevano l’esplosione della forza fisica e gli tracciarono il destino di pugile. Era timido, appena raggiunse lo zio in Francia per lasciare il mestiere di falegname cominciò a guardare le ragazze, ma non colse le mille occasioni tentatrici. Qualche decennio più tardi, quando gli spalancarono le porte di Hollywood, tutti immaginavano che nel mondo del cinema avrebbe fatto strage di cuori femminili. Lui era il prototipo del maschio latino, un vincente che però di fronte alle donne rimaneva sempre sulla difensiva. Proprio per questo, Carnera è l’opposto di Rodolfo Valentino e rimane una figura a due dimensioni nonostante la straordinaria sua imponenza nelle fotografie, nei manifesti, perfino nei ritratti che, a cominciare da Giacomo Balla, gli fecero cubisti e futuristi scomponendo i piani del suo corpo e del suo volto angoloso.

Fu ‘attore’, ma più ne rivedo qualche film o lo osservo in posa accanto a dive affascinanti – Jean Harlow la fatale biondissima che gli palpeggia i muscoli in una rara immagine del ‘33, o Myrna Loy la maliziosa star che con lui girò L’idolo delle donne – più mi accorgo che il nostro campione sapeva bene quanto sia difficile provare a vincere una donna sul suo campo, quello della seduzione. Nell’America di allora circolava il detto che la donna è più forte d’un atleta nell’affrontare il maschio, e che l’unico pugno che vuole è un… pugno di dollari! Una lezione che a Carnera, incapace di usare i pugni anche nella vita, insegnò a scansare raggiri femminili, ma non quelli maschili che gli tolsero ogni guadagno.

Elio Galasso

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto