PICCOLA LUPA

Anneka Di Lorenzo nel ruolo di Messalina in un film di Bruno Corbucci del 1971

Colpevole o malato? Una volta il dilemma non si poneva: ogni comportamento non comune era una colpa. Un balbuziente non riusciva ad esprimere il proprio pensiero? Per gli antichi romani non era come per noi un ‘disabile nel linguaggio’, ma un menefreghista da correggere senz’altro a legnate. Capitò a Claudio, rampollo di una grande famiglia: sua madre lo chiamava cretino perché dopo decenni di ‘trattamenti’ balbettava ancora, e invece diventò imperatore nell’anno 41 dopo Cristo. Capitò di avere gravi disordini mentali a Valeria, la ragazza più procace e desiderata di Roma: siccome si comportava in modo spregiudicato, fu per tutti nient’altro che una malafemmina. Il suo secondo nome era Messalina. Che le cose stessero diversamente lo si è capito solo oggi. Lui infatti superò ogni problema, si dimostrò uomo di sottile acume e alla fine conquistò il potere. Lei invece non riuscì a sottrarsi al suo patologico bisogno di fare una vera e propria beneficenza eucaristica del proprio corpo, al punto che i suoi comportamenti disorientano i più raffinati specialisti dei disturbi borderline di personalità. Bulimia sessuale è la loro diagnosi. Il destino li congiunse. Era cominciata nell’anno 39 la vicenda di quella coppia assurda, quando l’imperatore Caligola aveva imposto a Claudio, suo zio, di sposare Messalina: cinquant’anni lui, quattordici lei! L’idea non era di garantirgli una sorta di… cura ormonale per la balbuzie: la ragazza apparteneva a una famiglia ricca, quel matrimonio sembrava un ottimo affare. Solo che gli aveva messo al fianco una creatura dominata da turbe sconosciute a quei tempi, che liquidare oggi con il semplicistico giudizio di ‘personalità trasgressiva’ impedirebbe di far diagnosticare correttamente la sua malattia. Lei era preda della sua mente malata, sprofondava d’impulso negli abissi dell’odio, da vera imperatrice faceva assassinare senza condanna, e rimuovendo poi ogni senso di colpa si faceva donna da bordello, letteralmente. Di notte la vedevano correre per le strade della capitale, diretta dove tutti fingevano di non sapere. Lì esibiva il corpo come opera d’arte, le forme nude dipinte di rosa e grigioazzurro, i seni luccicanti di polvere d’oro. Lì si sdoppiava e diventava Licisca, allora pronunciato Lykisca. ‘Lykos’ in greco significa ‘lupo’, e il diminutivo ‘lykisca’ in latino indicava lei appunto come piccola lupa, proprietà fisica dei gladiatori e dei marinai a cui si concedeva fino all’alba, gratis. Allupata psicopatica fu dunque Messalina, da far rabbrividire Plinio il Vecchio nel raccontare la sfida che vinse con una prostituta di Roma riuscendo ad avere venticinque rapporti carnali nell’arco di una giornata. «Stanca, – ricordò Giovenale qualche decennio dopo – alla fine non appariva tuttavia ancora sazia!». Spietata maldicenza. Quando scoprì che per la prima e unica volta si era innamorata, per giunta di uno che mirava a sottrargli il trono, il marito Claudio la fece uccidere, nell’anno 48. Dopo nove anni di matrimonio, Messalina moriva a soli ventitre anni. Pressoché impossibile trovarne una immagine adeguata. Qualche sua statua, qualche moneta con la sua figura è scampata alla distruzione ordinata dall’imperatore per cancellarne il ricordo, ma sono ritratti ufficiali senza verità, che non restituiscono la bellezza conturbante di quella ragazza come invece sa fare Tacito, il sommo storico suo contemporaneo, quando accenna ai capelli fluenti, alla sua voce dispiegata nel canto. Così, nessuno le leggerà mai nel viso, nella postura del corpo, ciò che sentiva nella mente e nel cuore. La scienza del Duemila si arrende, non ha modo di penetrare sogni e pensieri, incubi e passioni, una realtà che Messalina visse e che forse non era appartenuta neppure a lei.

Elio Galasso

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