The social dilemma: ecco come i social condizionano le nostre vite (in negativo)

Sono 17 i punti per lo sviluppo sostenibile sottoscritti nel settembre 2015 dai 193 Paesi membri dell’Onu. Per riuscire a realizzarli, è necessario che gli organi di informazione rivedano i loro modelli di business e tutto ciò passa anche mediante l’uso responsabile dei social media.  The Social Dilemma è un documentario prodotto da Netflix che dà la parola ai massimi esperti di social network e motori di ricerca, cioè a chi il sistema l’ha conosciuto dall’interno mantenendolo in piedi. (Ascolta la versione audio di questo articolo in calce)

The social dilemma: recensione del documentario di Netflix

Gli intervistati ci propongono un quadro abbastanza complessivo. Ne viene fuori un documentario dai contenuti quasi post-apocalittici che però dovrebbero farci riflettere su come noi usiamo giornalmente i social.

Nello specifico The Social Dilemma affronta diversi aspetti mescolando realtà e fantasia in un cocktail perfetto dando più volte la percezione che il confine tra reale e irreale sia ormai superato. Dai rischi delle fake news, che si diffondono a macchia d’olio, innescando il meccanismo perverso delle condivisioni, ai risvolti psicologici di un uso smodato e irresistibile di questi nuovi strumenti, The Social Dilemma ha il merito di aprire più di uno spunto di riflessione dando tutta una serie di informazioni interessanti sia su questa nuova forma di dipendenza sia su un modello di business che sta facendo molti danni.

«Il modello di business è il responsabile»

Stando a quanto riportano gli intervistati, gli algoritmi lavorano incessantemente per mantenere alta la nostra attenzione pena un crollo dei consumi, perché i social network sopravvivono grazie agli inserzionisti. Il sistema pubblicitario è perverso: gli annunci mirano ad un target preciso grazie ai dati che noi forniamo, alle ricerche che facciamo, ai nostri acquisti online. Quando un prodotto è gratis (come accade per facebook, twitter, instagram, youtube…) significa che il prodotto sei tu! In realtà è «la nostra attenzione ad essere il prodotto!». Più tempo passiamo in rete, più le piattaforme guadagnano attraverso le aziende che impostano le loro campagne pubblicitarie. Ma, per farci stare connessi, bisogna che gli algoritmi conoscano le nostre abitudini, le nostre preferenze… ciò che ci attrae e ciò che ci disgusta. Non per vendere i dati bensì per creare pubblicità mirate per un target specifico.

 Il meccanismo è molto semplice ma pochi lo conoscono a fondo. In sinesi si parte dal coinvolgimento, si passa per la crescita per arrivare infine alle pubblicità. Il giro d’affari è colossale. Il tutto avviene mediamente il rinforzo positivo intermittente che poi è lo stesso stratagemma usato per le slot machine. Secondo gli intervistati, con questo modello di business, a cui nemmeno l’informazione online si sottrae, siamo come cavie da laboratorio. L’obiettivo è acquisire dati e avere quante più informazioni possibili sugli utenti per poter vendere sempre più prodotti.

Sono aumentati i suicidi tra i bambini (10-14 anni) e gli adolescenti americani (15-19 anni)

Ma il punto centrale di The Social Dilemma è il risvolto psicologico che tutto questo comporta sulle nuove generazioni. La dottoressa Anna Lembke, docente della Stanford University, dice: «I social media sono come una droga. Il nostro imperativo biologico primario è quello di connetterci con gli altri; questo influisce direttamente sul rilascio di dopamina. Ci sono milioni di anni di evoluzione dietro il sistema che ci spinge a raggrupparci». I social fanno leva su questa nostra caratteristica.

Tristan Harrison, ex ethical designer di Google, afferma che ci siamo evoluti in modo che ci interessasse il parere della tribù/famiglia per la nostra stessa sopravvivenza (l’essere umano può biologicamente vivere solo in gruppo) ma non quello di migliaia di persone. Il nostro cervello non è pronto e mal si adatta alle richieste sociali che ci vogliono più attraenti, più in gamba e quindi più performanti per ottenere like.

the social dilemma

Dunque, il dato allarmante, come spiega in The Social Dilemma lo psicologo sociale Jonathan Haidt, è che in America dal 2011 c’è un’impennata considerevole, rispetto al primo decennio del duemila, delle lesioni autoinflitte non gravi tra gli adolescenti (15-19 anni) del + 63 per cento e tra i preadolescenti (10-14 anni) del + 189 per cento. I suicidi sono aumentati del 70 per cento nella fascia d’età dai 15 ai 19 anni e del 151 per cento tra i ragazzi dai 10 ai 14 anni.

Secondo gli intervistati, questo incremento è stato causato dai social network e dall’ossessione per il consenso. La nuova generazione di adolescenti e preadolescenti statunitense è più ansiosa e più depressa tanto che è in calo il numero di ragazzi che prendono la patente. Inoltre, la percentuale di adolescenti che hanno avuto una relazione amorosa sta diminuendo.

I pericoli delle Fake News

Le fake news, poi, sono molto pericolose ma altrettanto redditizie per chi le crea. Le persone non sanno più cosa sia vero o falso, non sanno nemmeno più a chi credere. La rabbia, la sfiducia, lo sdegno, l’alienazione, la distrazione e la polarizzazione sono il risultato di questo modello di business che ci vuole succubi e sempre connessi. I social ci raggruppano per farci stare più in rete chiudendoci la visuale. In che modo? Creando delle bacheche perfette per noi, dove sono escluse quelle persone e quelle notizie che non sono in linea con i nostri dati.

The social dilemma e le soluzioni…

Il problema, tuttavia, non sono questi strumenti tecnologici bensì l’uso che se ne fa. The Social Dilemma apre una finestra su questo mondo per dirci che tornare indietro è impossibile; ciò che invece possiamo fare (anche per realizzare i 17 obiettivi di sostenibilità delle Nazione Unite) è usare queste piattaforme in modo responsabile senza alimentare l’odio e soprattutto cercando di non condividere subito ciò che leggiamo.

Discernimento: è dunque la parola chiave di questo pezzo. A cui aggiungo: responsabilità e in particolare sostenibilità.

Insomma, The social dilemma non ha la verità in tasca, nessuno ce l’ha, soprattutto per quanto riguarda gli scenari futuri, ma ha la caratteristica di lasciare una traccia di sé nei nostri pensieri. Maria Ianniciello

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