Babylon, ecco l’eccentrico film di Damien Chazelle

Prima di dirvi in questa recensione che cos’è Babylon, voglio soffermarmi su cosa non è il nuovo film del regista Premio Oscar Damien Chazelle che potete vedere in sala dal 19 gennaio 2023.

Babylon: recensione

Babylon non è una pellicola per stomaci delicati né per moralisti. Quindi, quando vi apprestate a guardare il lungometraggio, fate un respiro profondo perché vi avverto che sin da subito alcune scene fanno venire il voltastomaco. Per esempio la sequenza in cui l’elefante defeca addosso a due uomini è abominevole, così come è nauseante l’immagine di una donna che fa la pipì sull’uomo panciuto per provocargli un amplesso.

Babylon è, per la verità, un film sui generis, non patinato, eccentrico e pieno di simbolismi. Ma ogni immagine, anche la più volgare, va vista con un approccio analogico. Ed è vero che la pellicola soprattutto all’inizio simula una grande orgia (d’altra parte il titolo non mente) ma non ci si può limitare a guardare ogni sequenza in maniera razionale e moralistica. Bisogna andare oltre per carpire nei gesti e nelle parole i concetti espressi che non sono poi così banali né scontati.

Con Babylon il regista di Whiplash (2014) alza i riflettori sulla Settima Arte partendo dagli inizi del Novecento, quando il Cinema era nel pieno del suo fermento artistico. Proprio come accade quando sta emergendo qualcosa di nuovo (ricordate il primo decennio del 2000 con Internet e poi con Facebook?)…qualcosa di molto diverso che arriverà a cambiare le abitudini imponendo comportamenti e stili di vita a quella sarà sempre più la cultura di massa.  

L’atmosfera da sogno di La La Land (altro film del cineasta di Providence) è stemperata e si evince un po’ nelle musiche e nella storia d’amore che dura solo un battito di ciglia. Qui è tutto esagerato, sopra le righe. Il regista insiste però soprattutto sul passaggio dal Muto (1895 – 1927) al Sonoro che cambiò per sempre il Cinema. Fu una fase molto particolare che, come tutti i grandi cambiamenti, fece delle vittime, soprattutto tra le grandi star del Muto. Il cinematografo era ormai diventato un’industria e i film dovevano aumentare gli introiti delle case di produzione. I critici e i giornalisti erano sempre più spietati tanto che decretavano con i loro articoli l’ascesa e la caduta delle star. Eppure, tra gli attori c’era ancora la sensazione di essere i professionisti di un’Arte minore.

Trama di Babylon

In Babylon le storie di vari personaggi si intrecciano tra loro. Brad Pitt è Jack Conrad, un grande attore del Muto che dovrà imparare ad esprimersi sul set attraverso il linguaggio verbale e non più solo mediante i gesti e la mimica. Diego Calva veste i panni di Manny Torres che, prima del sonoro, era al servizio di Conrad e poi diventa egli stesso produttore esecutivo. Margot Robbie è Nellie LaRoy, un’attrice che incarna l’archetipo della diva tormentata, un po’ alla Marylin Monroe. Come Conrad nemmeno Nellie è adatta per il sonoro, perché la sua voce stride. Jovan Adepo è invece un jazzista afroamericano. Ci sono poi tutta una serie di personaggi minori, alcuni anche determinanti.

Babylon ripercorre, dunque, dagli anni Venti, passando per gli anni Trenta e fino al 1952, un pezzo della Storia del Cinema ma, l’avrete certo capito, non lo fa in maniera nostalgica e patinata. La macchina da presa entra sui set e nelle feste prima orgiastiche e poi imborghesite da uno stridente e apparente moralismo sulla scia del Codice Hays, in vigore negli USA dal 1930 al 1955.

Tutta forma e poca sostanza?

L’obiettivo del regista e sceneggiatore statunitense è fare un’invettiva sulle degenerazioni dello showbiz anche contemporaneo. Ci riesce senza eccessivo brio. Damien Chazelle mescola infatti più generi cinematografici in un calderone di idee e concetti rievocando al contempo le grandi produzioni del western, del gangster e del musical. Nel complesso Babylon non è un’opera solo barocca, tutta forma e poca sostanza, perché il film tiene alta l’attenzione per oltre tre ore. Credo che già questo basti per considerare il lungometraggio un’opera più che dignitosa. Maria Ianniciello

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