Guillermo del Toro: ecco il mio Pinocchio

Recensione di Pinocchio di Guillermo del Toro

Questa recensione è pensata come una piccola guida tascabile alla visione di Pinocchio di Guillermo del Toro che, dopo essere stato proiettato al Cinema per qualche giorno, è approdato su Netflix.

Il regista

Guillermo del Toro è uno dei registi più visionari ed innovativi del panorama cinematografico mondiale. Nato a Guadalajara, in Messico, nel 1964, del Toro è diventato esponente di spicco del genere dark-fantasy-gotico, grazie a pellicole dall’inestimabile valore creativo quali per esempio La spina del diavolo (2001) e Il labirinto del fauno (2006).

Premiato con due Oscar (alla regia e al miglior film) per La forma dell’acqua (2017), del Toro – che ha ricevuto anche altri numerosi riconoscimenti – è approdato alla regia del suo Pinocchio, dopo essere stato apprezzato ed elogiato per un altro lungometraggio molto incisivo, La fiera delle illusioni, in cui il visionario cineasta ha unito elementi reali con motivi fantastici. Il regista ha portato sul grande schermo parte della grande tradizione del realismo magico del Centro e del Sud America.

Pinocchio di del Toro

Guillermo del Toro in Pinocchio ha messo tutta la sua arte e la propria concezione del mondo. Rivisitando la fiaba che Carlo Collodi scrisse nel 1881, ha girato una pellicola classico-moderna, un mix tra un cartone animato e un film per adulti. Il cineasta ha ambientato la sua pellicola in epoca fascista.

Geppetto è il personaggio principale della storia. Durante la Grande Guerra il talentuoso falegname perde l’amato figlioletto Carlo cadendo in depressione. Una sera mezzo ubriaco, taglia un albero (dove risiede il Grillo che è la voce narrante di questa storia) per farne un burattino. Una fata, che incarna il ciclo dell’esistenza, dà vita al pupazzo di legno chiamandolo Pinocchio.

Geppetto faticherà però a riconoscere in questo bambino di legno suo figlio, facendo continuamente paragoni col piccolo Carlo. Pinocchio, per diventare un figlio meritevole dell’amore del Babbo, decide quindi di partire con il signor Volpe e va in giro per il mondo collezionando così esperienze. Intanto la seconda guerra mondiale si abbatte sulle vite dei protagonisti. Saprà Pinocchio farsi amare per la sua unicità, senza rinunciare al bambino interiore? In realtà Pinocchio dovrà morire più volte per accettarsi come bambino di legno. Mentre Geppetto si accorgerà che quel burattino è un dono immenso…

Lo stop motion

Guillermo del Toro gira un film magico reiventando situazioni e personaggi. La pellicola ha la particolarità di essere stata realizzata in stop motion con pupazzi e scenografie creati in scala da straordinari maestri artigiani. Ne viene fuori un prodotto dal punto di vista visivo eccezionale, col taglio artigianale, curato nei minimi dettagli. Infatti, dalle venature del legno con il quale è fatto Pinocchio alla barba di Geppetto, tutto è realistico e allo stesso tempo… magico! Insomma, nel Pinocchio di Guillermo del Toro (il regista ha diretto il film con Mark Gustafson) tutto sembra vivo, anche le cose inanimate. La componente visiva tuttavia non offusca il messaggio, anzi rende la storia più profonda ed incisiva, tanto che lo spettatore percepisce tutta l’energia dirompente del bambino, che fluisce libera, e la letargia di Geppetto che è stato ingrigito dalla vita. Bello è dire poco!

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