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Il film su Yara Gambirasio

Recensione del film su Yara Gambirasio

Yara aveva 13 anni quando fu uccisa la sera del 26 novembre 2010. Della ragazzina – che si era recata in palestra dove faceva ginnastica artistica – si persero le tracce. Il corpo fu ritrovato un anno e due mesi dopo a Chignolo d’Isola, che dista dieci chilometri da Brembate di Sopra, il paese della ragazza. Il caso di Yara attirò l’attenzione dei media sia della provincia di Bergamo che nazionali.

Nel 2021 Marco Tullio Giordana sulla vicenda ha girato un film che si intitola semplicemente Yara ed si trova su Netflix. Il regista si è attenuto alle fonti ufficiali mettendo al centro della storia il Pubblico Ministero Letizia Ruggeri (Isabella Ragonese) ed è il punto di vista del PM sulla vicenda a fare da filo conduttore attraverso le parole del diario di Yara (nel film è Chiara Bono) che Ruggeri legge con una certa ostinazione e regolarità.

Il processo a Bossetti

Il film alza i riflettori sull’intera vicenda, dalla scomparsa della ragazzina al ritrovamento del cadavere fino al processo a Massimo Giuseppe Bossetti (Roberto Zibetti), un muratore di provincia che – grazie alle indagini eseguite per la prima volta nella storia della Giustizia italiana sul Dna di migliaia di persone – risultò per l’accusa essere l’assassino di Yara. Il caso stava per essere archiviato quando si scoprirono le generalità del famoso ‘Ignoto 1’.

La spettacolarizzazione della tragedia e la buona giustizia

Bossetti è stato condannato all’ergastolo ma continua a dichiararsi innocente chiedendo la riapertura del caso. La pellicola ricostruisce, con una certa meticolosità e con poca tensione, l’intera storia facendo comparire Bossetti solo alla fine. Viene fuori soprattutto il profilo di una ragazzina, Yara, che si stava affacciando alla vita, la cui vicenda dai Media come spesso accade è stata banalizzata e spettacolarizzata senza alcun ritegno né sensibilità verso la vittima e la famiglia.

Sulla spettacolarizzazione della tragedia il film non si sofferma troppo, perché il regista insiste sulla buona giustizia che spesso è data dalla forza di volontà dei singoli. Il film ha ottimi tempi narrativi e riesce a mantenere l’attenzione degli spettatori anche grazie al cast di attori di un certo calibro, come la già citata Isabella Ragonese e Alessio Boni nel ruolo del colonnello Vitali. Maria Ianniciello

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Maria Ianniciello

Mi chiamo Maria Ianniciello. Il mio nome intero è però Ianniciello Maria Carmela ma per comodità mi firmo solo Maria. Sono iscritta all’Ordine dei Giornalisti della Campania dal 2007, nell’elenco dei Pubblicisti. Laureata in Lettere (vecchio ordinamento) con il massimo dei voti presso l’Università di Roma Tor Vergata, ho dedicato gli ultimi vent’anni della mia carriera allo studio dei nuovi e dei ‘vecchi’ Media. Nel 2008 ho fondato questo portale dove tuttora mi occupo di analisi del linguaggio cinematografico, televisivo ed editoriale (saggi, libri per bambini e romanzi). Ho lavorato per testate giornalistiche dell’Irpinia e del Sannio, curando anche uffici stampa. Nel 2018 mi sono diplomata in Naturopatia a indirizzo psicosomatico presso l’Istituto Riza di Medicina Psicosomatica di Milano, diretto dal professor Raffaele Morelli. Ho conseguito poi il Master in Lettura del Corpo mediante la Psicosomatica nel 2019 con la dottoressa Maria Montalto. La conoscenza della Psicologia (disciplina a cui sto dedicando gran parte delle mie ricerche) mi permette di esaminare i nuovi e i vecchi Media con un approccio integrato e molto innovativo.

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