Non chiamatela Festa della donna. Ecco perché!

Scrissi questo articolo in occasione della Giornata Internazionale della Donna 2017. Da allora molte cose sono cambiate per me. Innanzitutto ho avuto modo di leggere altri libri e di guardare altri film a tema. Ho esaminato dati ed ho approfondito molti aspetti del divario di genere. Tuttavia la mia indagine giornalistica non si è discostato da alcuni concetti base che esposi allora. Dunque, tutto ciò che esposi nel 2017 vale ancora oggi sul perché non si festeggia la festa della donna. Per me, infatti, questa ricorrenza non è una festa ma una riflessione sui diritti acquisiti e su quanto ancora c’è da fare nel mondo, in Italia, in Europa. E allora riflettiamo insieme…

Perché (non) si festeggia la Festa della Donna?

La Giornata internazionale della Donna è una ricorrenza che purtroppo è diventata sempre più commerciale. Ma cosa simboleggia l’8 marzo per la donna contemporanea che diverge dalle nonne e dalle bisnonne per esigenze e per stili di vita ma, probabilmente, non è differente dalle sue antenate per l’essenza più intima?

Una premessa, prima di  rispondere a queste domande, occorre che io la faccia: se sei capitata (capitato) su questa pagina casualmente o perché sei stata attratta/o dal titolo oppure perché cerchi un pezzo che ti racconti in breve la storia della Giornata Internazionale della Donna, allora forse sei nel posto sbagliato però se vuoi approfondire e andare oltre le date e le vicende storiche, che comunque sono importanti, continua a leggere giacché scoprirai delle cose molto interessanti.

perché si festeggia la festa della donna

Le donne non sono il sesso debole per natura ma per cultura

Ogni femmina – e mi riferisco a tutte le specie animali – sembra avere una natura molto diversa da quella che ci è stata proposta dalla narrazione patriarcale. Le femmine dei mammiferi, per esempio, pur avendo una costituzione fisica meno imponente dei maschi, hanno tuttavia un cuore saldo e forte che le rende audaci, caparbie, versatili ed estremamente creative, come la Lupa di Yellowstone.

La Terra, che è femmina, custodisce e conserva per poi, nel periodo giusto, dare alla luce nuove creature, così come fa la donna per nove mesi. Anche l’acqua è femmina. Verena Schimid nel libro Venire al mondo e dare alla luce (Feltrinelli) scrive: “Noi tutti veniamo dal mondo acquatico (…) Acque attorno che crescono più di noi per oltre la metà del divenire. Acque calme, acque mosse, ondate che ciclicamente spingono verso la vita. Dentro le acque lentamente rifacciamo la strada dell’evoluzione delle specie viventi, anch’esse originarie dal mondo acquatico, fino a raggiungere la nostra dimensione umana. Per sempre permane una profonda nostalgia di questa dimensione difficilmente definibile (…)”.

Sulla Terra, dunque, senza l’acqua non ci sarebbe la Vita, la quale viene costantemente alimentata dal Sole.

L’androginia della Genesi

Nella Genesi si legge che Dio creò un essere androgino, né uomo e né donna bensì maschio e femmina insieme, a sua immagine e somiglianza li creò. Il Signore non aveva ancora dato alla luce la donna ma l’essenza del femminile e del maschile avvolgeva ogni cosa, almeno questo è quanto sostengono molti biblisti.

Il Signore, dopo aver compiuto la Sua Opera ed essersi riposato il Settimo Giorno, fece la Donna separando così i due generi che all’inizio erano un’unica entità. Questo per dirvi che, stando a quel che dice la Bibbia, non esiste alcun grado di separazione tra le cose e nemmeno tra uomini e donne. La parità è una condizione di fatto che possiamo realizzare in qualsiasi momento partendo da noi stesse e superando i condizionamenti e i pregiudizi di una società diventata patriarcale per convenienza e soprattutto per comodità.

Allora, l’8 marzo, alla luce di quanto scritto, acquisisce una nuova dimensione.

Lo Yin e lo Yang nel Taoismo

Avrete forse sentito parlare del simbolo dello Yin e dello Yang, un cerchio in cui si concentrano due energie, che si intersecano e che, pur essendo opposte, sono complementari perché l’una non esiste senza l’altra.

Lo Yin è il freddo, il femminile, la notte, l’interno, il basso. Lo Yang è il caldo, il maschile, l’esterno, l’alto. Ma entrambi si completano, perché anche nella notte più buia c’è sempre un pizzico di luce e viceversa.

Questa polarità è alla base del Taoismo, un’antica dottrina cinese che invita alla convivenza equilibrata degli opposti, come si evince dall’ideogramma che sembra rappresentare una persona con un peso sulle spalle mantenuto in perfetto equilibrio (immagine in basso, ndr).

Ora – tornando alla Festa delle Donne e alla domanda iniziale – purtroppo mi dispiace ammetterlo ma il femminile sembra inesistente nella nostra società, perché nel perenne tentativo di estrometterlo dalle nostre vite per esteriorizzarci sempre di più abbiamo perso il contatto con la Natura, nella quale i due principi, di cui parlavo prima, s’intersecano e si uniscono.

Imitare gli uomini? No, creiamo un nostro modo di essere

La Donna, dunque, è costretta a rinnegare la propria ciclicità per assecondare un ritmo innaturale che, evidentemente, le sta troppo stretto. Clarissa Pinkola Estés, che ho spesso citato in molti dei miei articoli, nell’illuminante libro Donne che corrono con i Lupi (Frassinelli) dice: “(…) I lupi sani e le donne sane hanno in comune alcune caratteristiche psichiche: sensibilità acuta, spirito giocoso e grande devozione. Lupi e donne sono affini per natura, sono curiosi di sapere e possiedono grande forza e resistenza. Sono profondamente intuitivi e si occupano intensamente dei loro piccoli, del compagno, del gruppo. Sono esperti nell’arte di adattarsi a circostanze sempre mutevoli; sono fieramente gagliardi e molto coraggiosi. Eppure le due specie sono state entrambe perseguitate, tormentate e falsamente accusate di essere voraci ed erratiche, tremendamente aggressive, di valore ben inferiore a quello dei loro detrattori. Sono state il bersaglio di coloro che vorrebbero ripulire non soltanto i territori selvaggi ma anche i luoghi selvaggi della psiche, soffocando l’istintuale al punto da non lasciarne traccia (…)”.

Ci stiamo privando dei riti, delle favole e della spiritualità femminile

Carl Gustav Jung affermava che le donne sono cicliche; basta guardare il nostro ciclo mestruale che, simbolicamente, rappresenta l’alternarsi delle stagioni e di un’energia che si espande e si contrae.

L’essenza o meglio l’anima delle donne è contraddittoria; essa scompare e riappare, si nasconde e si ripresenta all’occorrenza. Costituito da quattro fasi, il ciclo delle donne dura ventotto giorni. Jung lo suddivideva in quattro archetipi: la fase della Madre corrisponde all’ovulazione; la fase dell’Incantatrice è il periodo che precede il sangue mestruale; la fase della Strega coincide con le mestruazioni; mentre la fase della Vergine è il tempo che anticipa l’espulsione dell’ovulo dall’ovaia. Potremmo più semplicemente far coincidere la prima con l’estate, la seconda con l’autunno, la terza con l’inverno e la quarta con la primavera, rappresentata in tutte o quasi le tradizioni come un’eterna fanciulla.

Siamo autentiche…

Capirete, dunque, che la Festa della Donna non ha alcun significato se non ci riconnettiamo con le nostre energie più profonde, scendendo in campo all’occorrenza e ritirandoci quando ne sentiamo il bisogno.

Il Cinema e le storie al femminile

Il Cinema, mediante le sue storie, ci dà degli insegnamenti forti. Nel film Mona Lisa Smile, per esempio, la protagonista è una docente interpretata da Julia Roberts che invita le allieve a superare i ruoli per i quali sono nate e a scoprire i loro talenti. Nessuno può dirci chi siamo e cosa dobbiamo diventare.

Nella pellicola ragazze vincenti vediamo un gruppo di donne destinate al matrimonio diventare delle ottime rugbiste. Possiamo essere ciò che vogliamo essere: mamme, compagne e professioniste insieme senza per forza scegliere, a patto che non ci poniamo l’obiettivo infausto di compiacere gli altri, in genere gli uomini delle rispettive famiglie.

E allora perché non si festeggia la festa della donna?

La nostra può essere una rivoluzione silenziosa, che parte dal basso, perché le vere lotte si fanno tante volte senza grandi clamori e canalizzando la rabbia per trasformarla in creatività. Artiste, letterate, scienziate, capi di Stato, astronaute, atlete e più semplicemente le nostre antenate – che hanno messo le basi per l’emancipazione – diventino degli esempi di coraggio e di emancipazione. Con questi concetti non voglio scaricare su noi individue tutta la responsabilità, assolutamente no. So che non è semplice, eppure possiamo riuscire da cittadine ad abbattere stereotipi e modi di vedere stantii.

E allora buon 8 marzo! Auguri a tutte le donne per una ricorrenza all’insegna della riflessione, dell’autenticità e del benessere interiore. Maria Ianniciello

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