Tár, il film che parla della Cancel Culture e non solo!

Imperscrutabile, elegante, a tratti cinica e spietata, ossessiva, cerebrale: Cate Blanchett nel film Tár è questo e molto altro ancora. Infatti, è l’attrice australiana che, con la sua straordinaria performance, conferisce a questo film la profondità necessaria per emergere e farsi notare. Senza Blanchett questa pellicola non sarebbe stata la stessa.

Tár: recensione e trama del film con Cate Blanchett

Il regista americano, Todd Field, dopo Little Children (2006), torna sul grande schermo con una storia molto individuale. La macchina da presa segue difatti i passi della più grande compositrice e direttrice d’orchestra vivente, Lydia Tár. La donna è a capo della prestigiosa Filarmonica Orchestra di Berlino. Le prime sequenze ci inoltrano nella vita professionale di Lydia ponendo un’eccessiva distanza tra lo schermo e il pubblico che, ad un certo punto, potrebbe avere la sensazione di essere stato invitato ad un evento i cui partecipanti parlano una lingua sconosciuta a causa della quale si è tagliati fuori. Ed è proprio questo l’effetto che si voleva creare! Poi piano piano ci fanno addentrare nel film.

Capiamo da subito che Lydia non sostiene le idee identitarie di genere e di razza. In uno dei monologhi più incisivi di tutto il film la compositrice tiene una lezione alla Julliard. Ed è qui che lancia un chiaro messaggio di disapprovazione verso la cosiddetta Cancel Culture, perché ciò che conta non è la vita privata o la condotta di un artista o un compositore, come Bach per esempio, bensì la sua Arte.

Così Tár invita i suoi allievi, in modo particolare Max (un ragazzo afroamericano che è di tutt’altro avviso), ad oltrepassare la superficie per cogliere il messaggio profondo della musica. Eppure la protagonista diventerà ella stessa vittima (o carnefice?) del sistema che tanto condanna.

Il regista ci fa conoscere prima le idee di Lydia, poi ci intrufola nella vita privata della protagonista che è lesbica ed è sposata con Sharon (Nina Hoss), primo violino della sua orchestra, con la quale ha una bambina di nome Petra. Quando Francesca Lentini (Noémie Merlant), la meticolosa assistente, arriva in lacrime nello studio di Lydia Tár capiamo che qualcosa di grave è accaduto in passato e che la protagonista esercita il suo potere in modo alquanto discutibile. La celebre compositrice ha inserito un’ex stagista (che è morta suicida) in una sorta di lista nera, distruggendole la carriera.

Conta più l’Arte o la morale?

Ben presto verso Tár verranno mosse accuse molto gravi. Sembra che la direttrice d’orchestra (che si fa chiamare direttore) abbia chiesto ad alcune giovani musiciste prestazioni sessuali in cambio di promozioni e favori. Tuttavia non ci sono prove eclatanti. Ci sono solo alcune email che sono degli importanti indizi. Eppure la carriera della musicista potrebbe essere distrutta a prescindere dall’esito di un eventuale processo. Insomma, il film si insinua di traverso e in modo velato nei meccanismi della cosiddetta Cancel Culture ponendo al centro l’individuo con le sue insicurezze, le sue ossessioni, le sue fragilità e il proprio eccezionale talento.

La domanda è: conta più l’Arte o la morale? Ed è giusto dare in pasto ai Media casi giudiziari di personaggi illustri prima che venga emessa una sentenza? D’altra parte ci sono stati direttori d’orchestra licenziati per molto poco. Chi non ricorda il licenziamento del Maestro Giacomo Lopriero che dal Tribunale dei social era stato processato e condannato per aver rivelato l’inesistenza di Babbo Natale ad una platea di bambini?

Un film apprezzato dalla critica

Insomma, Tár alza i riflettori su un fenomeno che si sta verificando sempre più spesso (pensiamo a Valery Giergiev per esempio). La pellicola inoltre non fa del genere e dell’orientamento sessuale dei deterrenti per gli abusi e gli scandali. Ma né condanna né assolve. Ed è questo tra gli altri il suo valore aggiunto. Il lungometraggio ha ricevuto sei nominations agli Oscar. Cate Blanchett ha ottenuto per questa interpretazione una Coppa Volpi e un Golden Globe. Maria Ianniciello

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