Diete vegetariane e vegane, carenza di ferro? Un falso mito

Dossier su “dieta vegetariana – vegana e carenza di ferro” concesso e redatto dalla dottoressa Denise Caruso, dietista-nutrizionista

Si definisce vegetariana una dieta che non includa carne di animali terrestri (inclusi i volatili) e marini o prodotti che contengano questi cibi. Queste diete sono nutrizionalmente adeguate e soprattutto apportano il giusto quantitativo di ferro? Sono in molti a chiederselo. È posizione dell’American Dietetic Association che le die­te vegetariane correttamente pianificate, compresa l’alimentazione vegana (che esclude proteine animali – uova, carni, pesce, latte e latticini etc), sono salutari, adeguate dal punto di vista nutrizionale, e possono conferire benefici per la salute nella prevenzione e nel trattamento di alcune patologie. Questo regime alimentare, se ben pianificato, è appropriato per individui in tutti gli stadi del ciclo vitale, ivi inclusi gravidanza, allattamento, prima e seconda infanzia e adole­scenza, e per gli atleti.

Nutrienti chiave per i vegetariani sono le proteine, gli acidi grassi omega-3, il ferro, lo zinco, lo iodio, il calcio, e le vitamine D e B12. In particolare, come accennato, c’è molta discussione riguardo l’eventuale carenza di ferro dovuta all’esclusione dei prodotti animali, soprattutto dalla dieta vegana. Gli elementi minerali sono classificati in due gruppi in base alla quantità di ciascuno di essi nell’organismo. I minerali presenti in quantità relativamente grandi e di cui sono necessari almeno 100 mg/die sono detti macroelementi. I minerali presenti in bassa quantità e di cui sono necessari pochi mg al giorno sono detti microelementi o elementi traccia, tra questi vi sono: Cromo, Ferro, Cobalto, Manganese, Rame, Molibdeno, Fluoro, Selenio, Iodio e Zinco. L’assunzione raccomandata di ferro è di 10 mg per gli uomini e 18 mg per le donne, con un fabbisogno aumentato in gravidanza.

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Non tutto il ferro è uguale!!!

Il ferro degli alimenti si divide in due categorie: ferro emoglobinico e ferro non emoglobinico. Il Ferro emoglobinico è il 40% del ferro contenuto in carne, pesce e pollame. Un’alta percentuale di questo ferro viene assorbito nell’intestino e questo assorbimento non viene influenzato da nessun altro fattore della dieta. Il Ferro non emoglobinico è il restante 60% del ferro contenuto in alimenti animali e nei vegetali. L’assorbimento di questa quota è inferiore (3%) ed è influenzato positivamente o negativamente da altri costituenti della dieta. I fattori che riducono l’assorbimento del ferro non emoglobinico sono:

  • polifenoli (presenti in thè, caffè, tisane e cacao)
  • fitati
  • calcio (se l’intake è > 300 mg/pasto)
  • alcuni elementi inorganici (Zn, Mn, Cu)

I fattori che favoriscono l’assorbimento del ferro non emoglobinico sono:

  • La vitamina C (e altri acidi organici presenti nella frutta e nella verdura) che converte il ferro da ferrico a ferroso, più solubile ed assorbibile, e contrasta l’effetto dei fitati
  • carne (probabilmente per la presenza di cisteina)
  • Alcune prati­che di preparazione degli alimenti, come ad esempio l’am­mollo e la germogliazione di legumi, cereali e semi, nonchè la lievitazione del pane, possono ridurre i livelli di fitati, migliorando così l’assorbimento del ferro. Altre tec­niche di fermentazione, come ad esempio quelle utilizzate per la produzione di miso e tempeh, sono pure in grado di aumentare la biodisponibilità del ferro.

Quindi non bisogna badare al solo contenuto di ferro degli alimenti, ma ciò che conta maggiormente è la biodisponibilità, ossia la capacità del nostro organismo di assorbire ed utilizzare quel ferro.

 

RELATIVA BIODISPONIBILITA’ DEL FERRO NON EMOGLOBINICO NEGLI ALIMENTI DI ORIGINE VEGETALE
ALIMENTO BIODISPONIBILITA’
BASSA (5%) MEDIA (10%) ALTA (15%)
CEREALI MAIS, AVENA, RISO, SORGO, FARINA DI GRANO INTERO FARINA DI GRANTURCO, FARINA BIANCA
FRUTTA MELA, AVOCADO, BANANA, UVA, PESCA, PERA, SUSINA, RABARBARO, FRAGOLE CANTALUPO, MANGO, ANANAS GUAVA (PERO DELLE INDIE), LIMONE, ARANCIA, PAPAIA
VEGETALI MELANZANA, POMODORI, LEGUMI, FARINA DI SOIA, PROTEINE DI SOIA, LUPINI CAROTE, PATATE BARBABIETOLA, BROCCOLI, CAVOLO, CAVOLFIORE, ZUCCA, RAPA
BEVANDE TEA, CAFFE’ VINO ROSSO VINO BIANCO
FRUTTA OLEOSA MANDORLE, COCCO, ARACHIDI, NOCI

 

Va però sottolineato che nei vegetariani nel lungo termine si verifichi un adattamento dell’organi­smo nei confronti di basse assunzioni di ferro, che agisce sia attraverso un aumento dell’assorbimento che attraver­so una riduzione delle perdite di ferro. L’inciden­za dell’anemia da carenza di ferro tra i vegetariani è simile a quella verificata tra i non-vegetariani. Gli adulti vegetariani presentano livelli sierici di ferritina che si collocano usualmente all’interno del range di normalità.A causa della più bassa biodisponibilità del ferro a partire da una dieta vegetariana, le quantità raccomandate di ferro nei ve­getariani sono 1.8 volte quelle dei non-vegetariani.

Come gestire, quindi, le diete vegetariane per non incorrere in carenza di ferro?

In conclusione al fine di non incorrere in carenza di ferro nelle diete vegetariane bisogna:

  • Assumere regolarmente alimenti di origine vegetale caratterizzati dalla presenza di ferro ad alta biodisponibilità e/o ricchi in vitamina C
  • Procedere all’ammollo dei legumi secchi in acqua fredda per 8 ore
  • Consumare tè e caffè con moderazione e lontano dai pasti
  • Adoperare corrette associazioni tra alimenti in modo da favorire l’assorbimento del ferro presente quali:
  • associare ai cereali della colazione una spremuta d’arancia
  • aggiungere del pomodoro alle lenticchie
  • accompagnare i fagioli con i broccoli
  • aggiungere pezzettini di arancia, limone o ananas alle insalate
  • aggiungere un po’ di succo di limone fresco alle verdure
  • assumere un bicchiere di vino ai pasti principali (in assenza di condizioni che ne controindicano l’assunzione)
  • Terminare i pasti con frutti ricchi di vitamina C come agrumi, kiwi, fragole, ananas
  • Accompagnare la frutta secca con frutta ricca in vitamina C, ad esempio spuntino a base di mandorle e kiwi

N.B. Per informazioni sulla dottoressa Denise Caruso, clicca qui

 

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