LE ELEZIONI 2013 E LA “REGOLA” DEL MENO PEGGIO

©fusolino - Fotolia.com
©fusolino – Fotolia.com

«Parleranno più di questo che di quello che posso fare per il resto della mia vita». Risponde così l’onorevole Stephen Collins all’amico giornalista Cal McAffrey che lo esorta a raccontare tutta la verità. Nient’altro che la verità. Questa scena è tratta dal film State of play, uscito nelle sale cinematografiche italiane nel 2009, una vera e propria pellicola sul giornalismo d’inchiesta, ormai quasi deceduto non solo perché troppo costoso ma anche perché la categoria che rappresento si è impigrita e anziché rovinare le suole delle scarpe, come suggeriva Enzo Biagi, si accontenta di notizie flash di agenzia e comunicati stampa sbrigativi che spesso non arrivano neanche nelle caselle di posta perché qualcuno ha deciso di allestire  delle aree stampa sui vari portali istituzionali e non. Forse per non dare spiegazioni, per non dover rispondere a domande fastidiose. Non so. Resta il fatto che questa è la verità! La dura verità, tanto per restare in campo cinematografico. Ho sempre molto apprezzato il giornalismo anglosassone per una serie di motivi, uno su tutti per la divisione netta fra cronaca e commento sia nella grafica sia nei contenuti. In un articolo di cronaca – e per cronaca intendo anche le notizie culturali, sociali, politiche, insomma i fatti, solo i fatti nudi e crudi – non si può e non si deve esprimere il proprio parere. Nei resoconti politici è  vietato perché altrimenti si tratta di pura propaganda! Se fosse qui, la Fallaci – che ho apprezzato per il suo stile e per il suo amore per la verità – non sarebbe certamente d’accordo con me. Per lei, la politica andava vissuta anche nel giornalismo. Io invece credo, senza togliere nulla a una grande giornalista da cui ho tutto da imparare vista la mia giovane età, che in Italia si stia degenerando perché tutti siamo bravi a esprimere la nostra opinione magari anche condizionata dai media ma pochi sanno cercare la verità con raziocinio guardando alle cose da diverse angolazioni con il desiderio di capire senza pregiudizi, senza paradigmi inculcati dai nostri genitori, dai nostri insegnanti, dal contesto in cui viviamo.

A tal proposito ho sentito dire da molte persone (e questo è un vero paradigma): «Io voterò per il meno peggio». Ma perché accontentarsi del meno peggio? Perché non chiedere il meglio nel giornalismo, nella politica, nella scuola… nella sanità? Perché accontentarsi di quello che ci offrono, anziché chiedere a gran voce il tanto agognato miglioramento? Forse perché tutto ciò richiede un grande atto di coraggio e responsabilità. Nel momento in cui chiediamo che vengano tutelati i nostri diritti dobbiamo anche essere pronti a espletare i nostri doveri, senza se e senza ma!

Maria Ianniciello

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto