Trovare lavoro a Sud, i sogni? Più forti della crisi

Parlare di lavoro è sempre difficile, anche dopo aver scritto un libro su come trovarlo. Uno dei rischi più frequenti è finire nella spirale dei luoghi comuni, sparare nel mucchio e dire quello che, con più o meno cognizione di causa, sostengono un po’ tutti. Soprattutto i giovani più rassegnati, quando vogliono autoconvincersi che non ci sia più niente da fare e sono pronti ad aggiungersi alla lunga lista dei Neet, l’acronimo inglese di “Not (engaged) in Education, Employment or Training”, che indica persone non impegnate nello studio, né nel lavoro e né nella formazione. Fuori da tutto, insomma. Volete un esempio? Al Sud, sostengono in tanti, è difficile, se non impossibile, trovare lavoro. Bisogna emigrare, andare al Nord, se non in Europa. Ecco, la Germania può essere una buona destinazione per un viaggio di sola andata. Non vi basta? Eccone un altro: è tutto deciso, inutile affannarsi a studiare e prepararsi. Il lavoro, è un’altra delle grandi certezze dei più, lo trovano solo i raccomandati. E che dire dei tanti giovani che allargano sconsolati le braccia, abbassano gli occhi e sospirano con un filo di voce: le ho tentate tutte, ho mandato più di mille curricula in giro per il mondo? Non sarà facile, lo so, ma proverò a smontare, o quantomeno a ridimensionare, questi luoghi comuni.

Al Sud non si trova lavoro? Balle, è più dura di altre parti del mondo, ma non è impossibile. In vent’anni di giornalismo ho girato in lungo e largo questa provincia e raccontato decine di storie imprenditoriali di successo. Colpi di genio, per non dire altro? Eventi eccezionali? Qualche volta sì, ma nella stragrande maggioranza dei casi la sfida è stata vinta da persone assolutamente normali, illuminate da passione e intraprendenza, competenza e forza di volontà. Qualcuno potrebbe storcere il naso e tirare in ballo la questione della crisi e dire che oggi è più difficile di ieri. In parte è vero, per carità. Viviamo una stagione decisamente complicata, per di più in una fetta di mondo con mille problemi. E la verità non si può cambiare, né manomettere. Non serve, è un boomerang che ti ritorna dietro quando meno te lo aspetti. Non siamo messi bene, è vero, eppure nel mio libro ho raccontato storie imprenditoriali venute fuori dalle ceneri della crisi. Uomini e donne che, finiti spalle al muro per un licenziamento, il fallimento di un’azienda o altro, hanno tirato fuori dal cassetto il sogno di una vita e sono ripartiti alla grande. Non di rado è bastato poco: anche solo qualche ettaro di terreno. I soldi? Li hanno trovati: hanno sgobbato e accantonato per qualche anno desideri e sfizi e ce l’hanno fatta. Sì, al Sud, proprio nella provincia di Avellino. Di storie così ce ne sono tante, provate a guardarvi intorno: a volte i modelli vincenti sono sotto casa.

E siamo alla raccomandazione. E’ una pratica che nel lavoro (e non solo) esiste e resiste, inutile negarlo. E, magari anche se meno di prima, in molti casi pesa ancora. Soprattutto nelle zone più povere e depresse, dove certi meccanismi servono a mantenere in piedi sistemi ormai marci e logori. Ma la raccomandazione non può diventare un alibi per alzare bandiera bianca senza combattere. Oggi, si sa, i posti di lavoro veri sono merce rara. Provate allora a mettervi nei panni di un imprenditore che può permettersi una sola assunzione e ha bisogno di un profilo professionale ben preciso. E’ pronto a investire ma pretende, giustamente, competenza, serietà, puntualità, motivazione, affidabilità. E mi fermo qui, per non scoraggiarvi. Che dite, cederà alle pressioni o si giocherà con attenzione la sua unica fiche? Certo, direte, se la raccomandazione è di quelle pesanti sarà costretto a chiudere un occhio, magari due. Ma quanto può durare in una qualsiasi azienda non votata al suicidio una persona assunta controvoglia e, soprattutto, non adatta a quel ruolo? Le persone preparate e motivate fanno ancora la differenza. Studiate, formatevi e non lasciate nulla di intentato: vedrete che non resterete a casa ancora a lungo, qualcosa succederà. Come? Magari non limitandovi a inondare il mondo produttivo con il vostro curriculum. Chi manda mille curricula, magari uguali, ad altrettante aziende ha già perso in partenza. E sapete perché? Perché non è accettabile che si voglia lavorare con tutti e a qualsiasi condizione. Non è possibile che un’azienda dolciaria che cerca operai specializzati sia intercambiabile con una di servizi software che vuole investire nel marketing. La prima regola è interrogarsi, capire quali sono i nostri reali punti di forza (e di debolezza) e, soprattutto, far venire fuori i nostri desideri, le nostre ambizioni. Sarà fondamentale anche per selezionare le aziende alle quali mandare curricula il più possibile personalizzati e tarati sulle aspettative e le esigenze di quella realtà. Prima di inviare un curriculum e puntare forte su un’opportunità, dobbiamo studiare a fondo quella realtà, la sua storia, la sua mission. Ci servirà entrare in sintonia con quel mondo, e quando avremo l’opportunità di un colloquio il nostro valore aggiunto verrà fuori, non potrà non essere percepito. Cerchiamo di capire quello che vogliamo fare, non accantoniamo i nostri sogni troppo in fretta. Avere un obiettivo servirà sempre, sarà la nostra stella polare. Perché un lavoro, il più delle volte, non si può rifiutare ma, se conserviamo dentro di noi un sogno più grande, quell’esperienza, magari poco gratificante, sarà solo uno step verso la nostra meta.

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto