GEISHE E SAMURAI, A GENOVA LA MOSTRA

Anonimo, Venditore ambulante di scope, 1880-1890 ca. © 2013 Città di Lugano - Museo delle Culture - Collezione «Ada Ceschin Pilone» - Fagioli
Anonimo, Venditore ambulante di scope, 1880-1890 ca. © 2013 Città di Lugano – Museo delle Culture – Collezione «Ada Ceschin Pilone» – Fagioli

 

Geishe e Samurai nella fotografia dell’Ottocento per esplorare l’idea dell’uomo e della donna, sia nell’immaginario occidentale di quel secolo, che nelle reali condizioni socio-culturali del tempo. Questo il senso della mostra “Geishe e Samurai. Esotismo e fotografia nel Giappone dell’Ottocento” che sarà allestita al Palazzo Ducale di Genova dal 18 aprile al 25 agosto 2013. Si tratta in particolare di 125 stampe fotografiche originali realizzate dai grandi interpreti giapponesi ed europei di quest’arte, agli albori della storia della fotografia, fra il 1860 e i primissimi anni del Novecento. La rassegna è curata da Francesco Paolo Campione, direttore del Museo delle Culture di Lugano, e da Marco Fagioli, ed è realizzata da Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e da Giunti Arte Mostre Musei, in collaborazione con il Museo delle Culture di Lugano che conserva un archivio composto di oltre 5.200 fotografie all’albumina colorate a mano, per metà circa contenute all’interno di oltre 90 coevi album-souvenir racchiusi da coperte splendidamente decorate da maestri dell’arte giapponese della lacca.

Tamamura Kozaburo, Geisha che gioca con una palla legata a un filo, 1900 ca. © 2013 Città di Lugano - Museo delle Culture - Collezione «Ada Ceschin Pilone» - Fagioli
Tamamura Kozaburo, Geisha che gioca con una palla legata a un filo, 1900 ca. © 2013 Città di Lugano – Museo delle Culture – Collezione «Ada Ceschin Pilone» – Fagioli

La mostra nei dettagli – E`una delle maggiori collezioni del genere esistenti al mondo. Raccolta con erudita passione da Marco Fagioli a partire dal 1973, essa è stata interamente acquisita nel 2012 dalla Fondazione “Ada Ceschin Pilone” di Zurigo che l’ha destinata in comodato permanente al Museo delle Culture di Lugano.

La mostra ruota attorno all’idea dell’uomo e della donna giapponesi, così come si sono formate nell’immaginario europeo dell’Ottocento, ritratto nelle fotografie della Scuola di Yokohama. Il percorso espositivo seguirà un itinerario tematico, diviso in sette sezioni, intervallato da tre piccole aree che presenteranno otto preziosi album-souvenir, e indagherà il contesto paesaggistico e culturale in cui è costruita l’idea di ineffabile perfezione, in cui si muovono i protagonisti, uomini e donne, della fotografia giapponese dell’Ottocento. Si procederà analizzando l’armonia del quotidiano che contraddistingue il ritratto delle donne impegnate nelle attività domestiche e di tutti i giorni, il tempo del rito e della festa, con i ritratti dei diversi operatori del sacro e le immagini delle occasioni liturgiche e cerimoniali, la bellezza sublime, che permette di cogliere le coordinate ideologiche di un modello idealizzato di bellezza femminile asiatica che s’imporrà attraverso una sorta di cliché, destinato a durare a lungo nel tempo. Chiuderanno idealmente la mostra le due sezioni dedicate agli eroi dell’ultraesotico, con i ritratti di alcuni dei personaggi tipici della cultura giapponese del tempo (sàmurai, kendoka, lottatori di sumo, tatuati), affiancati da venti rare carte da visita che ritraggono attori del teatro kabuki, e alle città senza notte, sul tema e sulla realtà storica delle donne di piacere. L’iniziativa genovese offrirà l’occasione di approfondire un momento della fotografia nipponica passato sotto il nome di Scuola di Yokohama, la cui caratteristica risiedeva nell’unire la fotografia, la forma artistica più d’avanguardia di quel tempo, con la tradizione delle grafiche giapponesi, realizzando stampe fotografiche su carta all’albumina delicatamente colorate singolarmente a mano da raffinati artigiani.

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Raimund von Stillfried-Ratenicz, Lottatori, 1870 ca. © 2013 Città di Lugano – Museo delle Culture – Collezione «Ada Ceschin Pilone» – Fagioli

Queste immagini, destinate prevalentemente ai viaggiatori stranieri, offrivano rappresentazioni del paesaggio e della cultura giapponese, con una funzione che è sostanzialmente quella di produrre souvenir di viaggio e della memoria esotica. Tale genere esprime uno stile fortemente riconoscibile che non trova, allora, eguali nel mondo per la qualità dell’interazione fra la stampa all’albumina, la raffinatezza della ricerca fotografica e la finissima colorazione che, in alcuni casi, produce un risultato finale vicino a quello delle moderne fotografie a colori. A realizzare tali capolavori furono artisti europei e giapponesi che risposero, innanzi tutto, al bisogno dei viaggiatori occidentali di portare con sé il ricordo di un paese che appariva loro per molti versi straordinario, nel momento irripetibile in cui la modernizzazione forzata dell’epoca Meiji (1868-1912) trasformava, a vista d’occhio, un mondo sostanzialmente medievale in una moderna nazione industriale. Grazie all’affermazione delle moderne tecniche di stampa, le stesse fotografie che assortivano gli album-souvenir di tali viaggiatori, furono utilizzate per alcuni decenni anche per illustrare una ricca pubblicistica fatta di guide, di resoconti di viaggio e, soprattutto, di descrizioni della vita quotidiana e dei costumi di un mondo che appariva all’Occidente come la quintessenza di un Oriente medievale, educato ed elegante, arrivato miracolosamente intatto alla soglie della civiltà industriale.

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