No alla mutilazione genitale femminile

www.unicef.it
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Secondo un nuovo rapporto dell’UNICEF pubblicato ieri, più di 125 milioni di bambine e donne sono state sottoposte a mutilazioni genitali femminili/escissione.

Una su cinque vive in Egitto.

Nei prossimi dieci anni trenta  milioni di bambine rischiano ancora di subire questa pratica.

Il rapporto “Female Genital Mutilation/Cutting: A statistical overview and exploration of the dynamics of change”, elaborato sulla base di settanta indagini rappresentative a livello nazionale nell’arco di vent’anni, è ad oggi la raccolta più completa di dati e analisi sul tema. Le ricerche condotte in ventinove paesi tra l’Africa e il Medio Oriente, dove si praticano le mutilazioni genitali femminili, rilevano che rispetto a trenta anni fa le bambine hanno meno probabilità di essere sottoposte a mutilazioni, e che il sostegno alla pratica è in declino, anche nei paesi dove è ancora largamente diffusa, come l’Egitto e il Sudan.

Anche Somalia, Guinea, Gibuti ed Egitto registrano un alta prevalenza di mutilazioni con più di nove donne e bambine su dieci tra i 15-49 anni che hanno subito tale pratica. E non vi è stato alcun calo significativo in paesi come Ciad, Gambia, Mali, Senegal, Sudan o Yemen.

Nonostante la metà dei ventinove paesi osservati registra una diminuzione delle mutilazioni, il rapporto evidenzia il divario tra le opinioni personali dei singoli individui e il comune senso di obbligo sociale che perpetua questa pratica, aggravato dalla mancanza di un confronto aperto su un tema delicato. Il rapporto infatti sottolinea l’importanza del dialogo come metodo per combattere la falsa convinzione che “gli altri” appoggino la pratica delle mutilazioni e che si possa rimanere soli in una battaglia non condivisa.

Unicef: la situazione mondiale
Unicef: la situazione mondiale

Oggi, però, le bambine hanno meno probabilità di subire questa pratica rispetto alle loro madri. In Kenya e in Tanzania le ragazze tra i 15 e i 19 anni hanno tre probabilità in meno di essere mutilate rispetto alle donne tra i 45 e i 49 anni. La prevalenza, inoltre, è scesa di ben quasi la metà tra le adolescenti in Benin, Repubblica Centrafricana, Iraq, Liberia e Nigeria.

L’istruzione può giocare un ruolo fondamentale nel favorire i cambiamenti sociali; più le madri sono istruite, minori sono i rischi che le loro figlie vengano mutilate e più le ragazze frequentano la scuola, più possono confrontarsi con altre persone che rifiutano tale pratica.

Le mutilazioni genitali femminili sono una violazione dei diritti alla salute, al benessere e all’autodeterminazione di ogni bambina” ha osservato Geeta Rao Gupta, vice direttore esecutivo dell’UNICEF. “Ciò che emerge dal rapporto è che le legislazioni da sole non bastano. La sfida, adesso, è di lasciare che bambine e donne, ragazzi e uomini levino la loro voce e affermino con chiarezza di rifiutare questa pratica dannosa.

Il rapporto dell’UNICEF, infatti, rileva che oltre alla maggior parte delle ragazze e delle donne che sono contro la pratica, anche un numero significativo di uomini e di ragazzi la rifiuta. In particolar modo in tre paesi, Ciad, Guinea e Sierra Leone, sono addirittura più gli uomini che le donne a volere la fine delle mutilazioni.

Quello che emerge con chiarezza dallo studio è che non sono necessarie solo le legislazioni, ma che tutti gli attori, governi, ONG e comunità promuovano un cambiamento sociale positivo attraverso programmi e politiche mirate all’eliminazione delle mutilazioni come a tutte le altre forme di violenza contro i bambini, direttamente o indirettamente legate a norme sociali.

Ci sono, però, ancora alcuni paesi come Camerun, Gambia, Liberia, Mali e Sierra Leone che non hanno una legislazione in merito. In questi paesi l’UNICEF è particolarmente impegnato nel fornire supporto tecnico ai governi perché vengano elaborate delle leggi in materia.

L’UNICEF lavora con i governi e con le comunità per assicurare una solida legislazione contro le mutilazioni genitali femminili/escissione, attraverso la raccolta di buone informazioni, diffusione della consapevolezza e coinvolgimento, nel rispetto delle tradizioni e degli usi locali.

fonte: www.unicef.it

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