La guerra democratica, ecco come l’Occidente colonizza i "diseredati"

“I VINCITORI SI SALVERANNO SE RISPETTERANNO I TEMPLI E GLI DEI DEI VINTI” ESCHILO

Dopo il collasso del contraltare sovietico le Democrazie, Stati Uniti in testa, hanno inanellato, in vent’anni, otto guerre di aggressione. La “guerra democratica” non si dichiara, ma si fa, con cattiva coscienza, chiamandola con altri nomi. Col grimaldello dei “diritti umani” si è scardinato il diritto internazionale sul presupposto che l’Occidente, in quanto cultura superiore (moderna declinazione del razzismo), portatore di valori universali, i suoi, ha il dovere morale di intervenire ovunque ritenga siano violati. Il nemico, allora, non è più, schmittianamente, uno “justus hostis”, ma solo e sempre un criminale. Essenzialmente tecnologica, sistemica, digitale, condotta con macchine e robot, la “guerra democratica” evita accuratamente il combattimento, che della guerra è l’essenza, perdendo così, oltre a ogni epica, ogni dignità, ogni legittimità, ogni etica e persino ogni estetica. Questo il contenuto del libro “La guerra democratica” di Massimo Fini ed edito da Chiarelettere. 

Massimo Fini, scrittore e giornalista, è autore di molti libri di successo, alcuni dei quali ristampati a un quarto di secolo (La ragione aveva torto? del 1985). Fra i più recenti ricordiamo “Il denaro sterco del demonio” (1998). È stato anche autore e attore a teatro con Cyrano, se vi pare… e, con Elisabetta Pozzi, coautore della pièce Cassandra, che sviluppa i suoi temi antimodernisti.

20 aprile 2012 ore 11.20

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