PAVIA RICORDA LE VITTIME DELLE LEGGI RAZZIALI

Una mostra documentaria sulle leggi razziali per non dimenticare. L’evento si svolgerà a Pavia, presso Palazzo San Tommaso, sala delle Sibille, dal 30 gennaio 2013, giorno del taglio del nastro, al 1 marzo 2013. Con questa esposizione, dal titolo “Il sapere negato. Le leggi razziali el’Università di Pavia”  Elisa Signori ricostruisce le vicende individuali di docenti e studenti, intrecciandole con la storia dell’istituzione di cui vollero far parte; un percorso che invita a interrogarci sui temi della libertà della scienza e del libero accesso aisaperi nel quadro di una società aperta. A 75 anni dall’entrata in vigore delle leggi razziste l’Università di Pavia rende omaggio dunque agli studenti e docenti, italiani e stranieri, che in diversi modi, a partire dal 1938, furono vessati e cacciati a causa delle leggi razziali. 

L’inaugurazione è in programma per il 30 gennaio alle 10.30 presso il Salone Teresiano della Biblioteca universitaria; interverranno, accanto al Rettore Angiolino Stella, Klaus Voigt (Università tecnica di Berlino), Michele Sarfatti (Centro di documentazione ebraica contemporanea – Milano), Paola Vita Finzi ed Elisa Signori (Università di Pavia). La mostra ricostruisce con un percorso di documenti d’archivio, di immagini e di testimonianze coeve l’espulsione degli ebrei dall’Università italiana e, in particolare, dall’Ateneo di Pavia. Il cuore tematico della vicenda è costituito dalla svolta del 1938 e dall’innesto della legislazione antisemita nella scuola: seguendo la prassi burocratica brutale e ambigua al tempo stesso voluta dal ministro Bottai, l’ateneo provvide a cacciare 12 suoi studiosi, tra ordinari e assistenti, costretti, in un clima di generale e vergognosa acquiescenza, ad abbandonare le aule, i laboratori, le biblioteche, e a cercare altrove ragioni di vita e mezzi di sostentamento. Non solo, ma nel giro di pochi mesi, la stessa Alma Mater ugualmente limitò e discriminò, come richiedevano le circolari del ministero, alcune decine di suoi studenti, italiani e soprattutto stranieri – romeni, polacchi, ungheresi, tedeschi e apolidi-, già accolti nelle diverse facoltà, ma ridefiniti “di razza ebraica” e come tali divenuti indesiderabili nella coesa comunità studentesca “ariana” e imperiale. Per decifrarne appieno il senso, l’ostracismo dei cittadini ebrei dai luoghi del sapere è inscritto in un arco cronologico più ampio, esteso al periodo tra le due guerre, banco di prova della politica culturale e scientifica fascista, e alla ripresa democratica postbellica, che vide la tardiva e incerta reintegrazione nei loro diritti dei docenti e degli studenti cacciati. Intrecciando la dimensione nazionale e quella locale e cittadina della vicenda, documenti e immagini aiutano a capire le dinamiche politico-istituzionali di tale evoluzione e a coglierne le conseguenze sui destini di chi ne fu vittima e, più in generale, nell’identità e nella storia del nostro Paese. Se il focus della mostra è il microcosmo di studenti e docenti, il percorso documentario è volto più in generale a chiarire la svolta del 1938 quale momento-chiave della fascistizzazione della cultura e della mise au pas del mondo scientifico, seguendo nelle tracce archivistiche la casistica dei comportamenti istituzionali, individuali e collettivi. Gli itinerari dei perseguitati, dalla “diaspora” all’internamento coatto, dalla clandestinità all’esilio alla deportazione, fino alla reintegrazione, incerta e parziale, dei diritti per i sopravvissuti, compongono un quadro chiaroscurato della vicenda, aiutandoci a leggerne il segno lasciato nell’identità e nella storia del Paese.

 

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