Ucraina nel caos, la testimonianza di Andrukhovych

Andruchovych«In Ucraina si stanno commettendo reati contro l’umanità e il potere attuale si deve assumere le proprie responsabilità. Quando a Kiev cala il buio appaiono gruppi di ignoti in borghese in cerca soprattutto di giovani che portano i simboli del Maidan o dell’Unione Europea. Questi gruppi li sequestrano e li portano nei boschi per picchiarli e torturarli e non c’è da sorprendersi se le vittime siano spesso giovani artisti, attori, poeti. Sembra di vivere con “squadroni della morte” finalizzati a estirpare lo zoccolo duro della protesta». Parole terribilmente forti, con cui uno dei maggiori scrittori contemporanei ucraini ripercorre i fatti avvenuti in quel Paese che dal novembre scorso sta attraversando una complessa fase di crisi e che negli ultimi giorni ha visto il primo ministro Mykola Azarov dimettersi e il presidente approvare, notizia fresca di oggi, l’amnistia per i manifestanti arrestati. Si tratta di Jurij Ihorovych Andrukhovych, autore di raccolte poetiche, di romanzi e di una consistente quantità di opere saggistiche, famoso per aver fondato nel 1985 il gruppo poetico-performativo “Bu-Ba-Bu” (acronimo di burlesque, teatrino, buffonata) insieme ai poeti Irvanets e Neborak.

I FATTI IN BREVE – Comprendere cosa stia succedendo da più di due mesi in Ucraina non è cosa semplice per noi vecchi membri dell’Europa: mentre in molti Paesi dell’Unione Europea, compresi i fondatori, si assiste a un dilagare di movimenti antieuropeisti, che in risposta alla crisi propongono ricette nazionaliste, non molto lontano da noi c’è chi scende in piazza e si batte affinché i rapporti con l’Europa possano migliorare, chiedendo un allontanamento dalla sfera d’influenza della vecchia Russia. È il 21 di novembre quando il governo del presidente Viktor Yanukovich decide di fare marcia indietro in merito alla firma dell’accordo di associazione con l’Ue, rinvigorendo di fatto le relazioni economiche con la Russia. Una scelta che dà presto il via a quella protesta che da più di due mesi sta portando nelle piazze di Kiev gruppi diversi tra loro, dagli europeisti più convinti sino all’estrema destra, tutti concordi nel richiedere a gran voce il proseguire delle trattative e le dimissioni del presidente. Da quel 21 di novembre di cose ne succedono parecchie: il nuovo accordo tra Ucraina e Russia, il pestaggio della giornalista Tetyana Chornovol e l’acuirsi della rivolta, sino alla decisione che il 16 gennaio lascia il mondo interdetto, ossia quella di adottare una serie di leggi liberticide che limitano la libertà di manifestazione e di espressione. Una scelta che porta a una protesta sempre più forte e che il 28 di gennaio vede il Parlamento abrogare le leggi e il primo ministro Mykola Azarov e l’esecutivo annunciare le dimissioni. Di oggi, infine, la notizia della firma da parte del presidente dell’amnistia che permetterà il rilascio dei manifestanti arrestati nelle ultime due settimane. 

LA TESTIMONIANZA DI ANDRUKHOVYCH – Di fronte a una situazione che in circa quindici giorni ha portato all’arresto di più di duecento manifestanti e che dallo scoppio della rivolta ha causato la morte accertata di quattro persone, Andrukhovych prova quindi a raccontarci il suo personale modo di leggere gli eventi di questi mesi. «In meno di quattro anni del suo governo – spiega lo scrittore – il regime di Yanukovich ha portato il Paese e la società in condizioni di estrema tensione, mettendosi in una posizione senza via d’uscita: mantenere il suo potere il più a lungo e con ogni mezzo possibile, altrimenti sarà severamente perseguito per le sue responsabilità dalla giustizia penale». Sì, perché stando alle parole del letterato, l’unica risposta data alle manifestazioni pacifiche è stata una violenza sempre più dura e su più fronti: «per il potere – riprende – la parola chiave è l’intimidazione».

Un’intimidazione che, però, non ha fermato le persone in piazza. «Il 16 gennaio – prosegue – il governo ha approvato la ‘’base legislativa’’ per legittimare questa linea: i deputati controllati dal presidente hanno votato in pochi minuti e per alzata di mano una serie di cambiamenti legislativi che introducono nel Paese una vera dittatura e lo stato di emergenza. Se riconosciamo legittime queste leggi allora possiamo concludere che in Ucraina è proibito tutto ciò che non è permesso dalle autorità. La società ucraina è contraria, tanto che il 19 gennaio è scesa nuovamente in piazza per proteggere il suo futuro».

Ma chi sono i manifestanti? «Nei servizi da Kiev si vedono manifestanti equipaggiati con elmi e maschere di ogni tipo e che a volte portano con sé dei bastoni di legno. Non bisogna pensare che siano tutti “estremisti” o “provocatori”: anche io e i miei amici partecipiamo alle manifestazioni con lo stesso equipaggiamento in quanto le leggi di cui parlavo rendono anche il sottoscritto “un estremista”, così come mia moglie o mia figlia. In realtà non abbiamo scelta: i militari delle unità speciali ci sparano».

Ma cosa potrebbe accadere se le proteste si fermassero?
«Non possiamo interrompere le proteste – spiega lo scrittore – perché questo significherebbe permettere che il Paese si trasformi in un carcere a vita. Le nuove generazioni, cresciute in epoca post-sovietica, non accettano nessuna dittatura e questa è la rivoluzione dei giovani, perché è a loro che le autorità fanno la guerra.  Non so cosa succederà in futuro, ma oggi il popolo ucraino sta versando del sangue combattendo per conquistare – conclude – i valori europei di una società libera ed equa».

Per le traduzioni dall’ucraino si ringrazia Pietro Radoicovich

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