GRANDE MUSICA SINFONICA AL SAN CARLO DI NAPOLI

Roberto Abbado

Domenica 10 giugno alle ore 18 (in replica martedì 12, ore 20.30) al Teatro di San Carlo, la stagione sinfonica, prevede un concerto su musiche di Hector Berlioz, la Symphonie fantastique per orchestra e Lélio, ou Le retour à la vie per voce recitante, soli, coro e orchestra.

Due composizioni nate insieme e complementari tra loro, ma raramente eseguite insieme. Lèlio, soprattutto, viene eseguito per la prima volta al San Carlo. Toni Servillo è la voce recitante eccezionale che ha fortemente voluto e scelto questo testo, quasi a proseguire il percorso iniziato con Sconcerto (musica di Giorgio Battistelli e testo di Franco Marcoaldi), a segnare una linea di continuità e un ritorno al dialogo con l’Orchestra del San Carlo. “Infatti – spiega Servillo – queste due serate rappresentano un’occasione unica, a partire proprio dalla scelta del Lélio di Berlioz ‘monodramma lirico’ e non melologo. Testo eccentrico, che costituisce una vera e propria drammaturgia musicale. La traduzione, dall’originale francese, è stata realizzata per l’occasione dallo scrittore Giuseppe Montesano che, della letteratura francese dell’Ottocento ha fatto il suo territorio di ricerca appassionata. Il testo rimanda a un viaggio con continui cambi di stati d’animo  tra l’euforia e la tristezza. Il finale è un inno alla musica quale unica salvezza”

Sul podio, Roberto Abbado, guida Orchestra e Coro – diretto da Salvatore Caputo – del Lirico napoletano. Premio Abbiati nel 2008 come “direttore d’orchestra dell’anno” Abbado è uno dei più importanti  interpreti di musica moderna e contemporanea, riconosciuto a livello internazionale .

Il concerto è composto da due parti la Symphonie fantastique per orchestra“Episode de la vie d’un Artiste… en cinq parties” – H.48 op.14 e Lélio, ou Le retour à la vie per voce recitante, soli, coro e orchestra – “Monodrame lyrique”, H.55, op. 14Bis. Tutta l’opera di Berlioz può essere letta unendo due strade: l’autobiografismo espresso come letteratura e la trasformazione delle forme musicali tradizionali. E questo vale non solo per la musica, ma anche per i suoi articoli apparsi sul parigino «Journal des débats» dal 1834 al 1863. Berlioz rappresenta una delle voci più originali e anticonformiste dell’Ottocento francese, espressione di un’arte così singolare da essere respinta in patria. I testi delle commedie di Shakespeare – per il loro valore intrinseco di “puro suono” – furono grande motivo di ispirazione, per il compositore che ne imparava a memoria i versi più importanti. E al drammaturgo inglese, oltre che all’influsso della sinfonia a programma beethoveniana, è legata la Symphonie fantastique, nata come esternazione della delusione amorosa e composta nel 1830 ad appena 27 anni. Innamorato dell’attrice irlandese Harriett Smithson (arrivata a Parigi con la compagnia di William Abbott nel settembre 1827 ) Berlioz non venne ricambiato. Eppure, o forse proprio a causa di ciò, l’immagine di Harriet diventa un’ossessione, una idée fixe, che Berlioz riversa nella Symphonie sotto forma di melodia ricorrente. Egli stesso definirà la  Symphonie «un’immensa composizione strumentale d’un genere nuovo, con cui cercherò d’impressionare fortemente gli ascoltatori» In seguito, Berlioz apporta modifiche alla partitura, edita nel 1845. «Dopo le otto Scènes de Faust, e sempre sotto l’influsso di Goethe, scrissi la Symphonie fantastique, con molta fatica per alcune parti e con una facilità incredibile per alcune altre» scrive nelle sue Mémoires.  Nel romantico impeto di raccontare l’arte più che la realtà, Berlioz idealizza la nascita dei brani. «Il programma deve essere considerato come il testo di un’opera, che serve a presentare i brani musicali, descrivendone il carattere e l’espressione. […] la trama del dramma strumentale, privato del soccorso delle parole, ha bisogno di essere esposta preventivamente» annota Berlioz che alcuni anni dopo negherà questo assunto, dichiarando quanto «la Symphonie fosse interessante dal punto di vista esclusivamente musicale, senza preoccuparsi del programma». Le visioni di un giovane artista che fuma oppio nel disperato tentativo di dimenticare la donna che ama costituiscono l’argomento. E il dato autobiografico si infittisce, quando, dimenticata la bella attrice irlandese, Berlioz si innamora della pianista Marie-Félicité-Denise Moke, fino a fissare la data delle nozze, che non saranno mai celebrate perché la donna, mentre Berlioz è a Roma, sposa Camille Pleyel, figlio del grande costruttore di pianoforti. Il musicista torna a Parigi pronto a uccidere l’amata e se stesso. Ma all’altezza di Genova tenta il suicidio gettandosi in mare. Salvato da un pescatore, torna a casa guarito dall’infatuazione, per ritrovare invece Harriett pronta a sposarlo, invaghita di lui dopo l’ascolto della Sinfonia fantastica.

Nei primi tre movimenti, la narrazione è ancorata alla realtà, mentre nei tre successivi si sfocia nel fantastico, nel totale distacco dal mondo reale causato dall’oppio.

Nonostante le innovazioni, la Symphonie fantastique resta rispettosa della forma sinfonica, nella quale rientra ogni ispirazione compositiva dell’autore, sia letteraria, che musicale.

Nel 1832, la Symphonie fantastique viene ripresentata con un completamento, il monodramma Lélio ou Le retour à la vie, sotto il titolo generale di Episode de la vie d’un artiste. Berlioz costruisce una forma drammatica alla sua Symphonie, che diventa il prologo musicale di Lélio, con l’orchestra che suona dietro una tenda: il protagonista è un attore il cui monologo si arricchisce di inserti musicali, gran parte dei quali derivanti da lavori precedenti. Torna il motivo ispiratore shakespiriano e, fra tutti la Fantaisie sur la “Tempête”, nella quale è implicito il nome di Ariel, per indicare la giovane pianista per la quale il compositore aveva meditato il suicidio. Lélio è il risveglio dell’eroe dal suo sogno allucinato. La narrazione e la musica si intersecano attraverso sei parti ricche di ogni stile musicale, dalla canzone con accompagnamento di pianoforte a opere corali di grandi dimensioni. In mezzo, il drammatico monologo, attraverso il quale Berlioz afferra la possibilità di parlare direttamente al suo pubblico e ai critici. In un’altra sezione, la voce narrante anela conoscere “questa Giulietta, questa Ofelia, di cui il mio cuore è sempre alla ricerca”. Ofelia è il personaggio nelle cui vesti Berlioz aveva visto per la prima volta la sua Harriett. Una citazione dell’idée fixe della Fantastique. Il “Coro delle Ombre”, scritto originariamente per La Mort de Cleopatre, è potente e misterioso: gli spiriti dei morti ricordano ai vivi che anche loro un giorno li raggiungeranno. Ritorna la vita, libera e senza le regole oppressive della civiltà, con il byroniano canto di un coro di briganti. Ma è lo stesso Lélio a portare una nota più tenera, quando canta la beatitudine dell’amore, chiedendo all’amata di venire a lui. Segue un interludio strumentale dell’arpa,e il lavoro si conclude con lo stesso narratore che conduce un coro in cui gli spiriti dell’isola offrono un triste addio a Miranda, per ricadere infine nella disperazione.

E’ un canto che ondeggia tra euforia e disperazione, che anela alla libertà e alla musica come sintesi del suo raggiungimento. Così afferma lo scrittore Giuseppe Montesano, autore della traduzione:  “Berlioz scrittore, nel Lélio, non lascia in pace nemmeno un pezzetto della grande poesia europea di inizio Ottocento, e mescola e frulla di tutto, con un atteggiamento che potrebbe anche essere già da postmoderno. Nel testo del Lélio ci sono i calchi da Goethe e dalle sue ballate, e c’è l’ombra ineliminabile del Faust (…) ma che cos’è che ci parla ancora da queste opere? E la risposta non poteva e non può che essere una sola: la voce di sirena che chiama dalla Simphonie fantastique, da Roméo et Juliet e dal Lélio, è la voce contraddittoria del grande Romanticismo europeo: e quella voce spezzata che piange in note sublimi di clarinetto nella luce lunare di Les Troyens, lamentando una sconfitta che è la sconfitta dell’umano, è la voce della Modernità. (…) E il Romanticismo è alla fine il tentativo di un’intera generazione, e forse anche delle generazioni seguenti, di portare la protesta dell’arte non più solo nell’arte ma nella vita stessa. In questo centro di forze magnetiche Berlioz stava come un tormentato incompreso, sognando celebrazioni per i morti di tutte le rivoluzioni e orchestre che fossero città dove la musica si facesse non più momento di svago ma realtà quotidiana, regno a venire della musica fatta esistenza che Berlioz ci lascia in eredità.

Prossimo appuntamento della Stagione Sinfonica: lunedì 27 giugno alle ore 20.30, un grande interprete mondiale Lang Lang e il suo pianoforte in un recital cucito su musiche di Bach e Schubert.

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