L’ARTE CHE INCONTRA LA FOLLIA: BORDERLINE

Jean Dubuffet, Arabe au palmier, 1948, pittura alla colla su carta, Collezione privata, courtesy Galleria Tega.
Jean Dubuffet, Arabe au palmier, 1948, pittura alla colla su carta, Collezione privata, courtesy Galleria Tega.

Arte e follia si intrecciano a Ravenna in una esposizione da ammirare, da scoprire passo dopo passo, stanza dopo stanza. La mostra, dal titolo “”Borderline. Artisti tra normalità e follia. Da Bosch a Dalì, dall’Art Brut a Basquiat” sarà allestita dal 17 febbraio, con taglio del nastro il 16 febbraio, presso il Museo dell’Arte della città di Ravenna, sino al 16 giugno 2013. L’evento, organizzato con il sostegno della Fondazione della Cassa di Risparmio di Ravenna e il patrocinio della Regione Emilia Romagna e della provincia di Ravenna, è curato da Giorgio Bedoni, Gabriele Mazzotta e Claudio Spado. Si indaga tramite il percorso espositivo in particolare sul rapporto tra genio e follia per superare i confini che fino ad oggi hanno racchiuso l’Art Brut e l’ “arte dei folli” in un recinto, isolandone gli esponenti da quelli che la critica (e il mercato) ha eletto artisti “ufficiali”. Già nella cultura europea del XX secolo diversi protagonisti delle avanguardie e psichiatri innovatori guardarono in luce nuova le esperienze artistiche nate nei luoghi di cura per malati mentali. Le ricerche di quegli anni avevano avviato una revisione radicale di termini quali “arte dei folli” e “arte psicopatologica”, prendendo in esame queste produzioni sia come sorgenti stesse della creatività quanto come una modalità propria di essere nel mondo, da comprendere al di là del linguaggio formale. nel 1912 Paul Klee, in occasione della prima mostra del movimento artistico del Blaue Reiter alla Galleria Thannhauser di Monaco aveva individuato nelle culture primitive, nei disegni infantili e in quelli dei malati mentali le fonti dell’attività creativa. Nel 1922 lo psichiatra tedesco Hans Prinzhorn pubblicò un testo dal titolo “Bildnerei der Geisteskranken (“L’attività plastica dei malati di mente”) che segnerà la fine dello sguardo positivista sulle produzioni artistiche nate negli ospedali psichiatrici. Infine, nel 1945 Jean Dubuffet conia la nozione di Art Brut avviando così una nuova epoca di ricerche in questo campo. Oggi il termine Borderline individua una condizione critica della modernità, antropologica prima ancora che clinica e culturale. «In questo senso – spiegano gli organizzatori – la mostra intende esplorare gli incerti confini dell’esperienza artistica al di là di categorie stabilite nel corso del XX secolo, individuando così un’area della creatività dai confini mobili, dove trovano espressione artisti ufficiali ma anche quegli autori ritenuti “folli”, “alienati” o, detto in un linguaggio nato negli anni ’70, “outsiders”». Ad aprire la mostra un’ampia introduzione introspettiva, con opere di Hieronymus Bosch, Pieter Bruegel, Francisco Goya, Max Klinger e Théodore Géricault, alle quali seguono sezioni tematiche.

Nel “Disagio della realtà” verranno presentate importanti opere di protagonisti riconosciuti quali Pierre Alechinsky, Karel Appel, Jean Dubuffet, Gaston Chaissac, Madge Gill, Vojislav Jakic, Asger Jorn, Tancredi Parmeggiani, Federico Saracini, Gaston Teuscher, Willy Varlin, August Walla, Wols, Adolf Wölfli, Carlo Zinelli. Il “Disagio del corpo” comprenderà una serie di lavori: qui il corpo diviene l’estensione della superficie pittorica e talvolta opera stessa nelle sue più sorprendenti trasformazioni, descritte in toni ludici, poetici, talvolta violenti. In questa sezione troviamo Victor Brauner, Corneille, Jean Dubuffet, Pietro Ghizzardi, Cesare Inzerillo, André Masson, Arnulf Rainer, Eugenio Santoro, Carlo Zinelli; poi protagonisti del Wiener, Aktionismus come Hermann Nitsch e Günter Brus; e infine Joaquim Vicens Gironella, Josef Hofer, Dwight Mackintosh, Oswald Tschirtner. All’interno dei “Ritratti dell’anima” ampio spazio verrà dedicato a una sequenza di ritratti e soprattutto autoritratti, una delle forme di autoanalisi inconsapevole più frequente nei pazienti delle case di cura, con opere di Francis Bacon, Enrico Baj, Jean – Michel Basquiat, Pablo Echaurren, Sylvain Fusco, Pietro Ghizzardi, Theodor Gordon, Antonio Ligabue, Bengt Lindstrom, Mattia Moreni, Arnulf Rainer, Gino Sandri, Lorenzo Viani. Due maschere Sepik vengono inserite, quali emblematici manufatti di arte primitiva, provenienti dalle popolazioni indigene del fiume Sepik in Melanesia. Un’intera sala verrà poi dedicata ad Aloïse Corbaz, storica autrice dell’Art Brut.

Salvador Dalì, Mostro molle in un paesaggio angelico, 1977, olio su tela, cm 76x101, Musei Vaticani, Città del Vaticano
Salvador Dalì, Mostro molle in un paesaggio angelico, 1977, olio su tela, cm 76×101, Musei Vaticani, Città del Vaticano

La mostra proseguirà con una sezione dedicata alla scultura, dal titolo “La terza dimensione del mondo” con inediti di Umberto Gervasi, Giuseppe Righi e ancora opere di arte primitiva del Sepik. Infine, nel “Sogno rivela la natura della cose” (titolo che richiama una mostra della Fondazione Mazzotta del 1989), verrà definito l’onirico come fantasma del Borderline con una selezione di dipinti di surrealisti come Salvador Dalì, Max Ernst, André Masson, Victor Brauner, oltre alla presenza di Paul Klee, grande estimatore dell’arte infantile e degli alienati, e dell’autore di Art Brut Scottie Wilson.

La mostra è possibile grazie alla collaborazione di alcuni musei e collezioni pubbliche e private, come  Collection de l’Art Brut, Losanna; Museo delle Culture, Lugano; Fondazione Antonio Mazzotta, Milano; Centro di Documentazione di Storia della Psichiatria “San Lazzaro”, Reggio Emilia; Archivio Conti, Saronno; Fondazione Culturale Carlo Zinelli, San Giovanni Lupatoto (VR); Casa Museo Pietro Ghizzardi, Boretto (RE); Centro Studi & Archivio Antonio Ligabue, Parma.

La redazione cultura

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