L’Italia, l’omologazione e i tagli alla Cultura

© EnryPix - Fotolia.com
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L’uomo avverte il bisogno di omologarsi per non sembrare diverso dai suoi simili. Con l’adolescenza inizia il nostro pericoloso viaggio verso la serialità, di cui scriveva e parlava Pier Paolo Pasolini. Cosa diranno gli altri? Penseranno che sono diverso? Un timore che ci condizionerà per il resto della vita in modo drammatico. Compiamo così alcune azioni, più o meno negative, proprio nei confronti di coloro che ci sembrano diversi, perché più sensibili, più intuitivi, più riflessivi ma forse, pensandoci bene, sono solo più forti, in quanto hanno conservato la loro saggezza, che noi abbiamo rinnegato con l’adolescenza. Una mia amica mi raccontò che in classe, quando frequentava le Elementari, c’era una bambina con il volto deturpato, ma nessuno dei suoi compagni osava metterla a disagio; i guai per lei cominciarono alle Scuole Medie. Un tempo, e probabilmente anche oggi, il cosiddetto “secchione” era il capro espiatorio, perché ritenuto diverso. Purtroppo chi studia e si applica va controcorrente. Lo dimostrano i tagli all’istruzione. In Italia la percentuale dei fondi destinati alla Cultura e alla Formazione è di un drammatico e imbarazzante -14 per cento. Al contrario la Francia ha aumentato la spesa del 6,4 per cento, la Germania del 20 per cento, l’Olanda del 7,5. “Un Paese di somari”, così viene definita l’Italia su Il Venerdì di Repubblica (numero del 6 giugno 2014, pagg. 22-28). Il nostro Paese fa dell’ignoranza la sua forza, perché la massa – formata però da singoli – non cerca di andare in controtendenza. Emulare il peggiore è uno stile di vita tutto italiano, quando invece bisognerebbe sforzarsi di guardare il migliore, per trovare gli stimoli giusti, ma senza farne un idolo, perché l’idolatria è comunque figlia dell’omologazione. Al tempo l’ardua sentenza!

Maria Ianniciello

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