Terremoto – Irpinia 1980, il documentario della Rai

Chi è nato in Irpinia, anche dopo il sisma del 1980, potrebbe avvertire ogni tanto un senso di instabilità, un po’ come se la terra tremasse sotto i suoi piedi. E non è raro che l’irpino, quando si mette in viaggio, senta la paura di un abbandono, la nostalgia di un abbraccio, la tristezza di dover emigrare per poter sopravvivere. Vivo in un territorio di migranti che sino al 1980 non avevano altra scelta che andare all’estero (chi in America, chi in Francia, chi in Svizzera, chi in Argentina). Solo alcuni (i più fortunati perché un po’ più istruiti) se ne andavano al Nord, nel triangolo industriale. A volte emigrava tutta la famiglia, prima il patriarca, poi moglie e figli. Tante volte era solo il capofamiglia che partiva e mandava i soldi alla consorte che rimaneva in Irpinia a crescere i figli e a lavorare nei campi.

Recensione del documentario Il terremoto – Irpinia 1980

Il documentario Il terremoto – Irpinia 1980 (che trovate su Ray Play, qui) è stato proiettato il 3 agosto, presso l’Auditorium Comunale, nell’ambito dellAriano International Film Festival 2023. Il docu-film indugia su molti degli aspetti sopra menzionati. La domanda che la giornalista e filmmaker Alessandra Rossi si è posta, girando il documentario in occasione dei 40 anni del sisma del 1980, è questa: il terremoto è stato un’opportunità mancata per l’Irpinia oppure è stato un momento doloroso che però ha avuto il suo risvolto positivo?

Le voci nel filmato, che sconvolge ed emoziona, sono molteplici. Si parte da chi quella sera del 23 novembre 1980 c’era. E si va indietro nel tempo, a caccia di storie che descrivono emozioni senza tempo. La paura, innanzitutto. Ma anche la nostalgia e il ricordo delle 3000 persone che persero la vita sotto le macerie, della disperazione degli sfollati, delle inquietudini di chi ascolta oggi la cronistoria di un evento infausto che cambiò per sempre l’aspetto di interi abitati, nei quali oggi forse in molti non si riconoscono più.

L’Irpinia aveva dato i natali a molti dei protagonisti della politica nazionale eppure i paesi rasi al suolo, come Conza e Sant’Angelo dei Lombardi, erano sconosciuti. Terre dimenticate e ricordate negli annali solo per la massiccia emigrazione. Terre sperdute dove si zappava la terra, dove gli abitanti vivevano spesso in promiscuità con gli animali che davano loro da vivere. Terre dell’Osso, appunto!

Tante voci, due parole: FATE PRESTO

Il 23 novembre del 1980 per 90 secondi la terra tremò, interi centri furono spazzati via e con essi la memoria di una miseria tutta da dimenticare. Non c’era un servizio di protezione civile. Le strutture istituzionali e di soccorso (compreso l’ospedale di Sant’Angelo dei Lombardi) furono gravemente danneggiate, alcune completamente distrutte. Non c’era nessuno che potesse informare Roma della gravità di quanto accaduto. Quindi per alcuni giorni queste zone rimasero isolate, solo l’arrivo dell’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, e il ‘Fate presto’ de Il Mattino, scossero l’Italia. In Irpinia si rischiavano altre calamità, come epidemie, perché i cadaveri erano per strada, sotto le macerie, ovunque. I vivi a stretto contatto con i morti! Bisognava fare presto anche per questo e non solo. Bisognava salvare vite!

Un pugno allo stomaco

Il documentario è un pugno allo stomaco. Lo storico Toni Ricciardi ricostruisce il contesto, indugiando sulla ricostruzione e sullo stereotipo degli sprechi, che certo forse ci sono anche stati ma bisogna ricordare che la maggior parte delle imprese edilizie, che investirono in Irpinia, erano del Nord Italia. Le ruspe agirono indisturbate in maniera selvaggia dando tuttavia un’occasione di rinascita all’Irpinia e per qualche decennio fermarono il flusso migratorio. Insomma, il documentario apre più di un punto di domanda. Forse, anziché edificare cattedrali nel deserto, si sarebbe potuto fare molto altro per l’Irpinia che oggi purtroppo assiste impotente ad un nuovo massiccio flusso migratorio di giovani laureati che con valigie non più di cartone costruiscono il loro futuro altrove. Quei centri storici ricostruiti e ben tenuti oggi sono vuoti.

Non vittime né carnefici

Il Terremoto – Irpinia 1980 non è un’inchiesta esaustiva, con i buoni da un lato e cattivi dall’altro, con vittime e carnefici, in stile Caso Watergate. Il filmato offre tuttavia degli ottimi spunti per approfondire. La proiezione all’Ariano Film Festival è stata anche un’occasione per conoscere da vicino il punto di vista della giornalista Rai Alessandra Rossi e dello storico Toni Ricciardi, che – intervistati dal presentatore Antonio Perna (nella foto in alto, nda) – hanno indugiato su alcuni degli aspetti sviluppati nel docu-film.  Maria Ianniciello

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto