Medioevo, i parallelismi dei Les Fleurs des Maladives

les Fleurs des Maladives - MEDIOEVO!“Medioevo” è il primo Lp dei  Les Fleurs des Maladives, il trio lombardo composto da Davide Noseda (voce, chitarre, testi e melodie), Ugo Canitano(basso e cori) e Riccardo Giacalone (batteria e percussioni). L’uscita di questa particolarissima opera musicale è prevista per il 12 novembre ma intanto è il caso di raccontare l’originalità con cui questo gruppo ha saputo costruire 12 tracce ricche di contenuti attuali ma mai scontati. Da una serie di sonorità esasperate, a cavallo tra stoner, incursioni post grunge e rock alternativo, di grande impatto, ecco emergere anomale ondate cantautorali in versione acustica. Al centro di questa sorta di “confessione”, urlata a suon di decibel, due tematiche principali: l’inesorabile declino sociale, culturale e umano dell’Occidente e un percorso di ricerca spirituale fatto pensando all’ Oriente; il tutto è esclusivamente finalizzato alla più profonda conoscenza di sé stessi.

Les Fleurs des Maladives
Les Fleurs des Maladives

Il sound potente e adrenalinico del prologo noise intitolato “La fine” simboleggia un sovraccarico di stimoli che finiscono col renderci insensibili al mondo circostante. Intense schitarrate si scagliano, con veemenza, nelle orecchie dell’ascoltatore. La brutalità del suono è quasi un rito necessario per smuoverlo da un torpore di indefinibile durata. “Amoxicillina” è l’antibiotico metaforico con cui si cerca di creare un ambiente asettico e sterilizzato, lontano dai problemi e dalle diversità. Assuefazione ed astinenza sono i leit motiv di un brano ironico e pungente quanto basta. “Vittime della moda” condanna senza mezzi né misure tutti coloro che si omologano agli standard imposti non si sa da chi e soprattutto in base a quale criterio. Ancora temi impegnati con “Sindrome Post-Vietnam”: al centro della canzone le vicende di un soldato costretto ad uccidere come un burattino. Nudità e crudezza servono per provare almeno a comprendere certe scene di ordinario orrore. L’inizio del Medioevo viene fatto iniziare, per comode consuetudini, al 476 d.C, ovvero l’anno del crollo dell’impero romano d’Occidente. La title track del disco s’intitola proprio “Medioevo” ed è il brano più accattivante del disco: cultura, società e potere contemporanei vengono grottescamente accostati al delirio di quell’epoca storica: il risultato è brillante. I serrati ritmi distorti delle prime tracce lasciano riprendere il fiato per dare spazio alla ballata crepuscolare intitolata “Novembre” per poi riprendere subito le redini con “L’alchimista” che nulla crea e nulla distrugge. Assolutamente ispirato è il testo de “La bellezza” che, secondo i Les Fleurs des Maladives “sta nella merda, perché è l’ultima cosa che rimane quando tutto se ne è già andato a puttane”. La rilettura rock del medley composto da elementi tratti dai finali della “Trilogia del Dollaro” di Sergio Leone e, ispirato alle musiche di Morricone, in “Ennio” è l’ennesimo asso nella manica del gruppo lombardo. Il disco ha ancora molto da dire e parla davvero tanto attraverso le parole di “Dharamsala”. Il brano, suddiviso in due capitoli, parla della difficile condizione in cui si trova il popolo tibetano e trae spunto da queste drammatiche vicende per un pungente parallelo con un l’uomo moderno sempre più schiacciato dalle istituzioni imperanti. Ancora polemiche con “Abbandono d’Oriente”: una netta contrapposizione tra due mondi che sono solo facce della stessa medaglia. Il disco si chiude con “21 grammi di cenere”: una ballata che, nonostante lo sfogo contenuto nelle tracce precedenti, prova ancora ad infondere un briciolo di speranza.

 Raffaella Sbrescia

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