L’energia creativa degli Slivovitz

Slivovitz @Dejavù
Slivovitz @Dejavù

Nell’ambito della nuova rassegna artistica e musicale intitolata “Made in O’live” del Dejavù, a Pozzuoli, pensata per promuovere la vasta produzione artistica che interessa il territorio flegreo, Cultura e culture ha incontrato la compagine musicale che ha avuto la responsabilità di inaugurare la kermesse. Stiamo parlando degli Slivovitz, uno dei collettivi musicali partenopei più attivi non solo dello scenario musicale italiano ma anche all’estero. Insieme dal 2001, Derek Di Perri (armonica a bocca), Marcello Giannini (chitarra), Vincenzo Lamagna ( basso elettrico), Salvatore Rainone (batteria), Ciro Riccardi (tromba), Pietro Santangelo (sassofoni contralto e tenore)  Riccardo Villari (violino) non hanno mai smesso di creare musica all’insegna del groove strumentale.

Perché il nome Slivovitz?

Slivovitza è il nome di una grappa, un distillato di prugne, proveniente dall’ area balcanica, che il nostro amico ungherese Gergely era solito portarci durante le nostre primissime session musicali e l’abbiamo scelto come nostro nome.

Quando e come nasce il vostro progetto?

Gran parte di noi si conoscono fin dai tempi della scuola, abbiamo iniziato a suonare insieme nel 2001 e da allora non ci siamo mai fermati. Abbiamo impiegato tre anni a realizzare il nostro primo disco “Slivovitz”. Quel lavoro era caratterizzato da una sorta di inconsapevolezza e da una grande libertà, cosa assolutamente fondamentale per lasciare che il background musicale di ciascuno potesse recare un apporto in più all’intero lavoro. Per il secondo lavoro intitolato “Hubris”, pubblicato nel 2007 ed inciso con l’etichetta discografica Moonjune, ci siamo lasciati andare ad un mood crossover a metà strada tra l’avant – garde jazz ed il rock. Il nostro produttore Leonardo, conosciuto tramite Myspace, si è mostrato fin da subito molto pragmatico, a differenza di molte altre etichette indipendenti italiane e ci ha quindi fatto conoscere una realtà estremamente diversa da quella circoscritta al nostro territorio. Tornando a parlare di “Hubris”, il titolo significa tracotanza  “eccesso”, “superbia”, “orgoglio” o “prevaricazione”, con riferimento particolare all’oltraggio della divinità ma era anche il nome dell’hardisk del nostro fonico. Le sonorità di quel disco sono più folk ma allo stesso tempo anche più jazz del primo e c’è da ricordare che in quel periodo molti di noi si misero a studiare sul serio il proprio strumento. Nel 2011 arriviamo a “Bani Ahead” con un approccio molto più “live” e “sporco”. Nel disco precedente c’erano dei brani cantati qui  invece no per cui ci siamo concentrati su un tipo di approccio più diretto alla nostra musica . Essendo stato registrato in uno studio più grande, questo album ha rappresentato un passo in avanti. Adesso, invece, stiamo lavorando al nostro quarto disco. Ci sono già alcuni brani ma possiamo anticiparvi ben poco. Si tratta di un lavoro che non rappresenta né un punto di rottura né di continuità, ci sono alcuni elementi che sintetizzano un po’ la nostra essenza ma è ancora presto per definirlo.

Le vostre sonorità sono soprattutto strumentali. Quali sono i generi a cui vi ispirate?

Beh ognuno di noi ha un’ispirazione diversa, c’è chi viene dal blues, chi dal rock, chi dal jazz. Noi suoniamo spesso all’estero, amiamo viaggiare e spostarci. Siamo stati in Ungheria, in Serbia, in Croazia, in Austria ma anche in Spagna e, proprio recentemente, abbiamo suonato per un mese a Berlino, in Germania. Tutto questo ci influenza non poco e contamina il nostro suono in maniera sempre nuova e sempre diversa. Quello che ci interessa sottolineare è che certe dimensioni cosmopolite nel nostro territorio proprio non esistono, qui è ancora tutto molto provinciale e certe trasferte ci servono per capire cosa c’è aldilà del nostro contesto e fare tesoro del riscontro positivo ed incoraggiante che ci viene dato altrove.

Quale messaggio intendete trasmettere attraverso la vostra musica?

Sicuramente l’amore universale. Attraverso le nostre note cerchiamo di arrivare alle persone senza essere snob o eccessivamente ricercati. L’intento è quello di diffondere un prodotto nostro, non troppo facilmente ricercabile, senza mai rinunciare alla carica della performance dal vivo. Noi abbiamo suonato dal centro sociale al teatro, proponendoci a diversi tipi di pubblico. Il nostro essere eccentrici e la nostra eterna gavetta ci fa rimanere umili e con i piedi ben saldi per terra. Detto questo è importante sottolineare che fare il cosiddetto salto di qualità in Italia è quasi impossibile perché non ci sono le produzioni. Nonostante la grande mole di attività artistica che contraddistingue l’underground musicale campano, c’è un grosso deficit nel settore distributivo.

Cosa suonerete stasera?

Sicuramente proporremo alcuni brani nuovi, che probabilmente registreremo nelle prossime settimane, ma anche i nostri pezzi “forti” come “Bani Ahead”, “Cleopatra”, “Oblio” ,“Currywurst”. Non mancheranno pezzi tipicamente funky e spazieremo molto dai nostri primi brani alle sonorità più attuali. L’intento è sempre quello di divertire e divertirci cercando sempre un climax finale affinchè il pubblico possa darci un feedback positivo. L’importante, come sempre, è saperci arrivare.

Slivovitz live @Dejavù
Slivovitz live @Dejavù

Quali sono state le collaborazioni del gruppo e, se ce ne sono state, di ciascuno di voi?

Marcello Giannini ha tantissime collaborazioni all’attivo,  tra tutte ricordiamo quelle con Enrico Rava ed il duo Arduo (jazz core). Noi tutti facciamo parte di un  collettivo che si chiama Crossroads Improring. Si tratta di musica improvvisata, libera, non c’è niente di preparato, nessuna partitura, nessuna tonalità; c’è solo ritmo e istinto. Questo tipo di attività influenza molto la nostra musica. Il prossimo 20 ottobre al Lanificio 25 di Napoli il  collettivo incontrerà la contrabbassista Lisa Mezzacappa, una musicista di San Francisco mentre il primo Improring è previsto per il prossimo 29 ottobre. Tra gli altri progetti paralleli ricordiamo, inoltre, che Marcello e Salvatore collaborano con Marco Messina dei 99 Posse e hanno preso parte alle registrazioni del penultimo e dell’ultimo disco del gruppo. Oltre a Marcello Giannini anche Pietro Santangelo collabora con Marzouk Mejiri, un percussionista tunisino scoperto tempo fa da Daniele Sepe. Ciro Riccardi è, invece, il fondatore della Uanema Orchestra e degli Speakeasy, tra i quali, milita, tra l’altro anche Riccardo e suonano musica swing e dixieland alla vecchia maniera.

 Raffaella Sbrescia

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