Quo Vado? Recensione del film con Checco Zalone

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Quo vado? è il titolo di un film del 2016 diretto da Gennaro Nunziante ed interpretato da Checco Zalone. La commedia si trova in abbonamento su Netflix e Prime Video, a noleggio su Apple Tv e Tim Vision. Di tanto in tanto il film viene trasmesso sulle reti satellitari e del digitale terrestre. L’11 novembre 2022 il lungometraggio è in programmazione su Canale 5 alle 21.21. Di seguito la recensione e la trama di Quo vado? che scrissi quando il film uscì nelle sale.

Quo vado?: trama e recensione del film con Zalone

Una bambina piange tra le braccia della madre, una giovane coppia teneramente si bacia, un anziano signore tiene per mano la sua compagna di vita, dai capelli bianchi e dalle labbra colorate di rosso; lei è elegante e sembra una donna antica, venuta da un’altra epoca. Siamo in fila in quest’angolo del Mezzogiorno d’Italia, dove le sale sono spesso drammaticamente vuote e dove il critico cinematografico non fa sosta perché la sua sede è altrove, nella Roma della Grande Bellezza o nella Milano della Moda.

Eppure, per capire il cinema e i suoi fenomeni bisogna spargersi tra la gente. Le sale sono piene e non come lo erano agli inizi del Duemila, quando gli effetti di questa crisi non si erano intrufolati nelle menti della gente, rendendole sempre più vulnerabili, sensibili, a volte capricciose, perennemente insoddisfatte. Checco incassa quanto nessuno prima di lui e il suo film Quo Vado? è un’altalena di sensazioni. Cerco di percepire fino in fondo, lasciando andare qualsiasi preconcetto, così magicamente mi rilasso.

Il film è innovativo nella sua semplicità perché parla di noi e dei nostri stereotipi

Non rido a crepapelle, come la signora che siede dietro di me, ma sorrido, perché Zalone un po’ mi rappresenta, italiana della classe media viziata dalla mamma pronta a tutto pur di soddisfare ogni suo intimo desiderio per evitarle quei dolori che, forse, se vissuti la faranno veramente crescere. Il papà di Checco Zalone sa tanto di mio padre, che ancora oggi rimpiange la Prima Repubblica, le occasioni lavorative mancate e quell’abbondanza che, secondo lui, solo il posto fisso – con le ferie pagate, il TFR e la Tredicesima – potrebbe dare.

Tento, a mio modo, di trovare un predecessore di Quo Vado? ma è inutile perché questo lungometraggio somiglia solo a se stesso. Innovativo nella sua semplicità, l’attore pugliese incarna l’italiano di oggi: contraddittorio, influenzabile, spesso volubile, un po’ bonaccione, in bilico tra una presunta furbizia e un acclarato disincanto. La pellicola ironizza sui mali dell’Italia, portandoci al Circolo Polare Articolo e poi in Norvegia, dove Checco è stato trasferito da una glaciale dirigente (Sonia Bergamasco) proprio perché non vuole rinunciare al posto fisso che caparbiamente ha ottenuto grazie all’aiuto di un senatore della Prima Repubblica (Lino Banfi).

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La macchina da presa di Gennaro Nunziante segue le orme del personaggio principale, descrivendone le peripezie e, con un ottimo flashback, ci fa conoscere Checco-bambino che già sognava un’occupazione stabile. Come accade in certe commedie degli anni Settanta-Ottanta, il campo d’azione si sposta all’Estero, dove questo protagonista sui generis si civilizza rinnegando usi e costumi italiani per poi piangere sulle note della celebre Felicità, cantata di nuovo da Albano e Romina Power sul palco dell’Ariston nel 2015.

Una pellicola intelligente

Quo Vado? nel complesso è una pellicola intelligente, che fa leva sui classici luoghi comuni per smantellarli e per opporsi a quel processo di omologazione che ci vuole giustamente rispettosi delle regole civiche e dei diritti delle altre culture, ma poi nella pratica ci vede poco educati e forse anche troppo controllati, senza cuore, perché pervasi da un machiavellico cerebralismo.

Il compito di Checco Zalone è fare spettacolo e ci riesce benissimo trascinando la gente al cinema che – sull’onda di un vero e proprio fenomeno di massa – s’interessa pure agli altri e più impegnati film in programmazione. La lunga coda che vedo quando esco dalla sala (l’orologio segna le 22.30) e il tutto esaurito sono una prova tangibile di quanto appena scritto. E, mentre cammino, mi dico che forse dovremmo imparare – tutti – a osservare con attenzione quest’Italia, senza quel velo di snobismo che comodamente un certo tipo di critica si pone sul volto giudicando a priori. Maria Ianniciello

Questo articolo è stato pubblicato nel 2016 ed è stato aggiornato l’11 novembre 2022 alle 10.13.

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