Politica, il travaglio italiano: dalle elezioni al Governo Letta

© Naeblys - Fotolia
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Si è chiuso oggi un iter incerto e lungo, che dalle elezioni del 24 e del 25 febbraio scorsi sino al momento in cui il governo Letta ha avuto la fiducia anche del Senato, ha visto il nostro Paese incontrare ostacoli che, forse, nessuno avrebbe potuto immaginare alla vigilia del voto. Chiamati alle urne ormai più di due mesi fa, sul finire di febbraio gli italiani hanno infatti disegnato per l’Italia una situazione di sostanziale ingovernabilità, che ha visto la coalizione uscita apparentemente vincitrice, quella di centro sinistra, prendere strade di volta in volta diverse nel tentativo di dare al Paese un nuovo governo. Era, infatti, la sera del 25 di febbraio quando le carte sul tavolo sono improvvisamente cambiate, lasciando intravvedere un possibile, fino a poco prima considerato improbabile, ribaltamento dei pronostici. Data per vincitrice da sondaggi risultati non attendibili, la coalizione composta da Pd e Sel è riuscita, infine, a vincere formalmente le elezioni politiche, distanziando di un soffio la coalizione Pdl-Lega e il vicinissimo Movimento 5 Stelle. Un esito, questo, che data la legge elettorale vigente ha garantito alla coalizione “vincitrice” la maggioranza dei seggi alla Camera ma non al Senato, generando una situazione che chiaramente ha reso sin da subito non troppo probabile la prospettiva di un governo stabile, che stando ai pronostici avrebbe dovuto essere guidato dal candidato premier della coalizione di Italia bene comune, ossia Pier Luigi Bersani.

Ma i numeri, come si sa, non c’erano, e l’allora segretario del Pd non ha avuto vita facile, tanto che è stato incaricato dal Presidente della Repubblica di andare in perlustrazione e di capire, consultando i vari schieramenti politici, se un eventuale governo da lui guidato avrebbe potuto contare o meno sulla fiducia delle Camere. Un’azione preventiva, quindi, quella voluta da Napolitano, che avrebbe evitato a Bersani di trovarsi dinanzi al Parlamento in caso di una sicura mancanza dei numeri necessari. Da qui il tentativo di trovare un accordo con il Movimento 5 Stelle, da Bersani considerato lo schieramento più affine al suo programma di governo, almeno sui famosi otto punti proposti dallo stesso segretario del Pd. Un tentativo, però, risultato fallimentare e che si è rivelato a tutti gli effetti tale in seguito a quella famosa diretta streaming che ha mostrato a tutta l’Italia il dibattito tra Bersani e la delegazione dei 5 Stelle. Niente da fare, quindi, sul fronte 5 Stelle, che non hanno mancato di ribadire più e più volte la non intenzione di votare la fiducia, bensì i singoli provvedimenti. Intanto, però, non mancavano le voci fuori dal coro nel Pd di coloro che nonostante venti anni di forte contrapposizione con Berlusconi, sembravano poter prendere quantomeno in considerazione un governo di larghe intese proprio con il Pdl. Possibilista, in questo senso, si è dimostrato anche il sindaco di Firenze Matteo Renzi, che di fronte alla porta irrimediabilmente chiusa di Grillo e dei suoi ha più volte ribadito la necessità di trovare una soluzione all’impasse, anche a costo di cambiare interlocutore preferenziale.

©Quirinale.it
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Posizioni diverse, quindi, all’interno del Pd, che dopo essere riuscito a votare compattamente il Presidente della Camera Laura Boldrini e quello del Senato Piero Grasso (votato anche da nove 5 Stelle), a un certo punto e nel momento meno opportuno e immaginabile, quello dell’elezione del Presidente della Repubblica, è imploso su se stesso, in una spirale di regolamento di conti tra le varie anime del partito. Tutto ha avuto inizio con la prima votazione per l’elezione di quello che avrebbe dovuto essere il successore di Giorgio Napolitano al Colle. Un’elezione, quella del Capo dello Stato, che è caduta proprio in concomitanza con una situazione parlamentare così incerta e che ha visto susseguirsi una serie di votazioni. Le tensioni interne al Pd non hanno, quindi, tardato a iniziare a manifestarsi quando una buona fetta del partito ha deciso di non votare quello che era il nome ufficialmente sostenuto dall’intera formazione politica: Franco Marini. Un nome, il suo, che avrebbe dovuto mettere d’accordo Pd, Pdl e Scelta Civica ma che, in realtà, ha visto lo stesso Pd spaccarsi e non votare in modo compatto. Un primo smacco, quindi, per il Partito Democratico, che  dopo aver votato scheda bianca al giro successivo, infine sembrava aver trovato il candidato perfetto, ossia il suo fondatore Romano Prodi. Voto all’unanimità nel Pd, quindi, per candidare l’ex presidente della Commissione Europea, che in quel momento si trovava in Mali, con tanto di standing ovation da parte di quasi tutti i presenti durante la riunione di partito. Se non fosse che le carte si sono mischiate ancora una volta, con il voto di quei 101 insospettabili, almeno ufficialmente, franchi tiratori, che con il loro gesto hanno affossato non solo Prodi ma anche il segretario Bersani.

Governo Letta
Il Governo Letta

L’epilogo, ora, si sa: di fronte a una situazione tanto complessa l’unico candidato possibile è sembrato essere, almeno a Pd, Pdl e Scelta Civica, Giorgio Napolitano, primo Presidente della Repubblica Italiana a essere stato rieletto. Una scelta, questa, che indirettamente ha contribuito a delineare lo scenario attuale: di nuovo Capo dello Stato, Napolitano non ha perso tempo e ha proseguito con le consultazioni necessarie per la nascita del tanto agognato governo. A Enrico Letta del Pd è andato l’incarico di formare questo esecutivo. Un governo di larghe intese dalla forte connotazione politica, che anche oggi non smette di dividere l’opinione pubblica e lo stesso Partito Democratico. Va a quest’ultimo, infatti, l’accusa mossa dai 5 Stelle e da alcuni dei suoi stessi esponenti, ossia di aver ufficializzato quell’inciucio che l’ex segretario Bersani, dimessosi appena eletto Napolitano, non sembrava volere ma che, forse anche in nome dell’emergenza che l’Italia sta vivendo, si è in qualche modo concretizzato.

Il nuovo governo, 21 ministri provenienti dal Pd, dal Pdl e da Scelta Civica e dall’età media di 53 anni, ha ricevuto ieri la fiducia della Camera e proprio oggi quella del Senato. Un lungo iter, come detto, che sembra essersi chiuso. Certo, però, al neo esecutivo non mancheranno le difficoltà da superare. Se «non ci sono alternative alle larghe intese», come ha affermato proprio oggi Letta, sicuramente ci saranno temi controversi su cui gli schieramenti politici coinvolti, soprattutto Pd e Pdl, si troveranno a dover discutere e, molto probabilmente, a mediare, tra l’insoddisfazione generale di una parte del Partito Democratico e, stando al recente movimento di Occupy Pd, della sua base.

Valentina Sala

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