L’articolo di Harari e la cooperazione tra gli individui

Le Nazioni non si solidarizzano molto e di conseguenza anche sul piano individuale le persone si chiudono in sé. Basta leggere qualche post o commento su Facebook per rendersi conto della diffidenza che aleggia tra gli individui.

Il virus ha acuito la mancanza di sfiducia del comune cittadino non solo verso le Istituzioni ma anche nei confronti dell’altro da sé. L’Occidente sta diventando, infatti, ancor più individualistico.

I social, che si prefiggono l’obiettivo di aiutarci a socializzare, ci stanno isolando nelle nostre roccaforti, nei nostri pensieri, nelle nostre convinzioni dominanti che a volte mirano all’ostracismo. Alziamo muri per proteggerci consciamente dal virus ma inconsciamente ci stiamo difendendo solo dalla paura di morire. Alzare barriere, in maniera soggettiva e collettiva, aiuta? E non mi riferisco alla quarantena di questi giorni che è utile e necessaria. Mi riferisco all’incapacità collettiva di oltrepassare il confine dell’intolleranza per abbracciare, anche se virtualmente in questo periodo, l’altro facendo nostre le sue inquietudini perché in fondo siamo simili nelle reciproche insicurezze e fragilità.

Di fronte alla morte siamo tutti uguali. Ampliando lo sguardo e quindi portando questo ragionamento su una sfera planetaria, mi ricollego alle parole del filosofo, storico e scrittore israeliano Noah Harari. Io, per la verità, sono stata tra le detrattrici degli effetti nocivi della globalizzazione, basata solo sul consumismo, tuttavia concordo con Harari quando suggerisce agli Stati di cooperare perché il Coronavirus non riguarda una sola nazione ma tutto il pianeta.

“Se questa epidemia si traduce in una maggiore disunità e diffidenza tra gli umani avrà vinto il virus”, afferma lo scrittore israeliano che fa un excursus delle principali epidemie della storia affermando che molti virus sono stati sconfitti mediante l’informazione e la ricerca scientifica, e quindi attraverso la cooperazione tra gli Stati e non con la chiusura.

La mancanza di cooperazione e aggiungerei compassione si ripercuote anche su un piano individuale. Ma cosa vuol dire cooperare tra singoli? Cooperare non significa guardare dal buco della serratura del portone di casa per scrutare il nostro vicino che esce per poi condannarlo su Facebook con frasi ingiuriose e atteggiamenti difensivi. Cooperare vuol dire applicare le norme usando il cuore e rimanendo umani, compassionevoli, ragionevoli per scorgere nell’altro una parte di sé. Non è facile quando siamo dominati dalla paura (lo vedo su me stessa) ma è necessario ed altamente consigliato! m.i.

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