CENSIS: SU INTERNET IL 62,1 PER CENTO DEGLI ITALIANI

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Presentato questa mattina, 3 ottobre 2012, a Roma il 10° Rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione «I media siamo noi. L’inizio dell’era biomediatica». Ciò che emerge prepotentemente dalla ricerca è l’uso sempre più intensivo che si fa di internet e degli smartphone. Su Internet ci sono il 62,1 per cento degli italiani (+9 per cento in un anno), mentre aumenta del 10 per cento l’utenza degli smartphone (li usa il 54,8 per cento dei giovani). Emorragia di lettori per i quotidiani (-2,3 per cento). E meno della metà degli italiani legge almeno un libro all’anno. Web 2.0, social network, miniaturizzazione dei dispositivi hardware e proliferazione delle connessioni mobili inaugurano l’era biomediatica, in cui diventa centrale la condivisione telematica delle biografie personali.

In questo contesto viene premiata l’integrazione dei vecchi media con la rete. La televisione ha un pubblico che coincide sostanzialmente con la totalità della popolazione: il 98,3 per cento. Ma si diversificano i modi di guardare la tv. Si consolida il successo delle tv satellitari (+1,6 per cento), della web tv (+1,2 per cento) e della mobile tv (+1,6 per cento). Oggi un quarto degli italiani collegati a Internet ha l’abitudine di seguire i programmi sui siti web delle emittenti televisive e il 42,4 per cento li cerca su YouTube per costruirsi i propri palinsesti su misura. E queste percentuali aumentano tra gli internauti di 14-29 anni. La chiave del successo è l’integrazione dei vecchi media nell’ambiente di Internet. Anche la radio resta un mezzo a larghissima diffusione di massa: l’ascolta l’83,9 per cento della popolazione. Ma la radio viene ascoltata via web tramite il pc e per mezzo dei telefoni cellulari, che stanno soppiantando un mezzo digitale di prima generazione come il lettore portatile di file mp3-

Su Internet ci sono il 62,1 per cento degli italiani, trascinati dai social network. Il dato sale nettamente nel caso dei giovani, delle persone più istruite, diplomate o laureate e dei residenti delle grandi città, con più di 500.000 abitanti. Gli iscritti a Facebook passano dal 49 per cento dello scorso anno all’attuale 66,6 per cento degli internauti. Nel corso dell’ultimo anno, il 37,5 per cento di chi usa lo smartphone ha scaricato applicazioni.

Non si ferma l’emorragia di lettori della carta stampata. I quotidiani registrano un calo di lettori del 2,3 per cento anche se le testate online contano il 2,1 per cento di contatti in più. La free press perde l’11,8 per cento di lettori, -1 per cento i settimanali, +1 per cento i mensili, -6,5 per cento l’editoria libraria. Ormai meno della metà degli italiani legge almeno un libro all’anno: il 49,7 per cento. Anche se si segnala un +1 per cento per gli e-book. E proprio tra i giovani la disaffezione per la carta stampata è più grave: tra il 2011 e il 2012 i lettori di quotidiani di 14-29 anni sono diminuiti dal 35 per cento al 33,6 per cento, quelli di libri dal 68 per cento al 57,9 per cento.

Non è il bisogno d’informazione a essere diminuito, ma le strade percorse per acquisire le notizie sono cambiate. La tendenza a personalizzare l’accesso alle fonti e la selezione dei contenuti comporta però il rischio che si crei su ogni desktop, telefonino o tablet un giornale composto solo dalle notizie che l’utente vuole conoscere. È il rischio del solipsismo di Internet: la rete come strumento nel quale si cercano le conferme di opinioni, gusti, preferenze che già si possiedono; il conformismo come risultato dell’autoreferenzialità dell’accesso alle fonti d’informazione.

Siamo noi stessi a costruirci i nostri palinsesti multimediali personali, tagliati su misura in base alle nostre esigenze e preferenze. E noi stessi realizziamo di continuo contenuti digitali che, grazie a Internet, rendiamo disponibili in molti modi. L’autoproduzione di contenuti nell’ambiente web privilegia in massima parte l’esibizione del sé: l’utente è il contenuto. La diffusione delle app per smartphone e il cloud computing rafforzano la centratura sull’individuo del sistema mediatico. Le macchine diventano sempre più piccole e portatili, fino a costituire solo un’appendice della propria persona: un prolungamento che ne amplia le funzioni, ne potenzia le facoltà, ne facilita l’espressione e le relazioni, inaugurando così una fase nuova. È l’era biomediatica, in cui diventano centrali la trascrizione virtuale e la condivisione telematica delle biografie personali.

La privacy è ancora un valore? Cosa rimane oggi della privacy, quando il paradigma della condivisione ha sancito la preminenza dello sharing sul diritto alla riservatezza? Il 75,4 per cento di chi accede a Internet ritiene che esista il rischio che la propria privacy possa essere violata sul web. Il 54,3 per cento degli italiani pensa che sia necessario tutelare maggiormente la privacy per mezzo di una normativa più severa che preveda sanzioni e la rimozione dei contenuti sgraditi. Ma c’è un 29,3 per cento di cittadini convinti che ciò sia impossibile, perché in rete non si distingue più tra pubblico e privato. A proposito del diritto all’oblio su Internet, una grande maggioranza dei cittadini (il 74,3 per cento) è favorevole: ognuno ha il diritto di essere dimenticato e le informazioni personali sul nostro passato, se negative o imbarazzanti, dovrebbero poter essere cancellate quando non sono più asservite al diritto di cronaca.

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