Una cattiveria pop, lo Swatch di Mimmo Paladino

 

LO SWATCH DI MIMMO PALADINO“Corri su eBay, è proposto in asta uno Swatch, quello firmato da Mimmo Paladino. Ne vogliono ottomila, di euro! Non è troppo?” “Dimmi la verità – rispondo a chi mi ha telefonato – prima di chiamare me sei andato a controllare se anche tu ne avevi uno conservato in casa da decenni, no? Speravi di trovare il tesoro?”. Sorridiamo insieme. A suo tempo ne ho comprati anche io di orologi Swatch, ma non li ho mai amati, nemmeno quello di Paladino, come più avanti potrete capire. Però, sono andato lo stesso a vedere su eBay. Nel giro di poche ore, l’orologio è stato venduto per diecimilacinquecento euro. Succede. In questo periodo molti impegnano o vendono gioielli di famiglia. Beato chi se li può comprare. E se adesso voi lettori state per correre a cercare nei vecchi scrigni di casa vostra, fermatevi, il tesoro non c’è: negli Anni Ottanta lo Swatch firmato da Paladino fu prodotto in serie limitata, era già costoso, chi lo comprò non può averlo dimenticato.

Quest’anno ricorre il trentesimo anniversario del marchio, 1983-2013. Se fosse stato soltanto un orologio, lo Swatch sarebbe caduto in disuso all’arrivo dei telefoni cellulari, come quasi tutti gli orologi da polso. Perché, dunque, migliaia di persone continuano a comprarne i modelli più recenti? Per quale motivo li esibiscono quelli che amano esibirsi, le star della musica e del cinema? Il fatto è che lo Swatch non è soltanto un orologio, anche se tale finse di essere quando lo inventarono, ovviamente in Svizzera. Le sue vere intenzioni le svelò presto. Nato per segnar l’ora a… tempo perso, in realtà si proponeva soprattutto come oggetto estetico, eterno finché piace, come dicono dell’amore. Più che orologio, era un monile, e non faceva distinzione di sesso. Ma i monili, si sa, dopo un po’ si accantonano, si dimenticano. Se si tratta di bigiotteria, s’intende.
Lo Swatch è un watch (‘orologio da polso’, in inglese) preceduto da una S, sul cui significato, ammesso che ne abbia uno, ancora ci si interroga. Sottile fuor d’ogni immaginazione, di plastica, a batteria e privo di peso, col cinturino quasi evanescente, precisissimo al quarzo, venne a dar sollievo a chi non sopportava i fastidi dell’orologio meccanico di gran marca, quello avuto in regalo ai diciott’anni o alla laurea, da indossare sempre uguale per tutta la vita, da ricaricare e aggiustare ogni mattina al segnale del giornale radio. Gli Swatch cominciarono a rimpiazzarlo al ritornello un bel po’ ridicolo di I Swatch very much. E così, dimenticando di essere orologi, diventarono oggetti pop, cioè fatti per tutti ma inventati da pochi, dai ‘creativi’ si diceva allora, con buona pace del Creatore.
Alla fine, sorpresa delle sorprese, arrivarono Swatch disegnati da artisti, a volte con pietre rare e diamanti incastonati, gioielli che potevano permetterseli solo personalità del jet set internazionale. Era il pop per pochi, la più eclatante contraddizione cultural-commerciale degli ultimi trent’anni! Quelli davvero popolari invece, dai colori esagerati, col quadrante pieno di ghirigori spesso difficile da leggere, non costavano niente, te ne compravi tre o quattro con poche migliaia di lire, ogni giorno potevi sfoggiarne uno diverso, non dovevi preoccuparti di furti, di danni. Del resto, i maestri orologiai si rifiutavano di ripararli perché non sapevano ancora farlo. O, se sapevano, consigliavano di comprarne uno nuovo, meno costoso della riparazione.
Mi chiedete dello Swatch di Mimmo Paladino? Per me è una… cattiveria pop ed è diventato celebre nel mondo anche perché le cattiverie si fanno dappertutto, sono pop appunto. Tu prova a scordarti che gli anni passano, e quell’orologio per com’è fatto ti obbliga a riflettere sul senso effimero dell’esistenza. Non è una cattiveria? Mi disse Mimmo che aveva accettato di disegnarlo perché il concetto di ‘tempo’ stimolava nella sua mente simbolismi nuovi. Un’idea d’arte e basta, insomma, col patto che non venisse mai realizzata. Cosa assurda per un oggetto nato per la massa. Infatti gli Svizzeri non mantennero la promessa e lo produssero come opera d’arte. Ma per Paladino quello era e rimane un orologio, e deve dirci che ora è, ma anche che indietro non si torna. Ciascun numero sta al suo posto, però è ribaltato, per ricordare che tutto va verso la morte, e rivolgersi indietro non cambia la realtà. Le due lancette escono dalla bocca di una inquietante maschera diabolica, una freccia rossosangue appuntita che evoca l’uccisione, e una falce scura che ruota per tagliar via ogni cosa. E’ un monito figurato, nero, implacabile. Il tempo è il mostro che ci portiamo addosso…brrrr…

Elio Galasso

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