La legge sull’aborto, l’Islam e il Marocco

Legge-sull-aborto-islam-maroccoLa questione dell’aborto in Marocco solleva da sempre numerosi problemi bioetici nel mondo musulmano. E’ lecito interrompere una gravidanza? Come vengono considerati l’embrione e il feto nell’Islam? In che modo la legge viene incontro alle donne che rimangono incinte dopo una violenza oppure sono portatrici di malattie ereditarie? Ogni Paese islamico ha una legislazione precisa in merito, che si rifà ai principi della Shari’a, ma anche ai pareri dei dotti musulmani e alle quattro scuole giuridiche sunnite. Non mancano dibattiti tra chi reputa intollerabile la possibilità di un aborto, in qualunque fase della gravidanza e chi, invece, accetta delle eccezioni. Una delle grandi questioni su cui ruota la discussione riguarda il momento esatto dell’infusione dell’anima nel feto; a tal proposito gli esperti hanno pareri diversi, come pure sul ruolo della donna che non “creerebbe” la vita in sé, ma la “riceverebbe” da Dio. Allo stesso modo il discorso sulla gravidanza causata da uno stupro (emblematico è il caso di una violenza perpetrata da un non musulmano, dal momento che, secondo l’Islam, la religione si “eredita” per via paterna e le donne possono sposarsi e avere figli unicamente con correligionari nell’ottica della sopravvivenza e dello sviluppo della comunità islamica) ha dato adito a molte polemiche, benché in questo ambito i giurisperiti tendano a essere più tolleranti, considerando la sofferenza della donna vittima della violenza e l’ostracismo sociale a cui lei e il figlio verrebbero sottoposti. Il dibattito sull’aborto è tornato attuale in questo periodo, poiché il Marocco sta esaminando la possibilità di modificare l’attuale legge che consente l’interruzione di gravidanza, praticata ovviamente da medici esperti e con l’autorizzazione dei coniugi, solo quando esiste un grave pericolo per la vita della madre. La riforma nasce dal bisogno di modernizzare la legislazione, conformandola alle reali condizioni di vita nel Marocco dei nostri giorni e, soprattutto, per eliminare la piaga degli aborti clandestini i quali, secondo l’Associated Press, oscillano tra i seicento e gli ottocento al giorno. Numeri che fanno capire quanto la situazione sia precaria. Molte giovani donne non interrompono la gravidanza solo a causa di violenze o malattie, ma anche quando il loro fidanzato decide di abbandonarle disinteressandosi completamente del nascituro. Anche nel mondo occidentale ciò accade, ma in quello islamico la portata di tale evento è di estrema gravità: infatti il concetto di comunità si basa sul nucleo familiare, ovvero su un matrimonio all’interno del quale nascono dei figli. Non c’è altra possibilità riconosciuta per avere rapporti sessuali o per dare la vita. Non è, inoltre, contemplata la figura della ragazza madre; peggio ancora, quest’ultima può essere considerata una donna di facili costumi e relegata ai margini della società. Un aborto, poi, è pur sempre un intervento e, come tale non può esser preso alla leggera o compiuto da mani inesperte. Il rischio di emorragie è concreto così come il pericolo di morte, soprattutto per quelle ragazze povere che, non potendo pagare l’operazione, ricorrono a sistemi che definire “non ortodossi” è puro eufemismo, affidandosi a “personaggi” poco raccomandabili, veri e propri ciarlatani. E’ necessario che la società marocchina sappia riconoscere e dare il giusto valore a una battaglia che riguarda i diritti umani, oltre che femminili. Il tema dell’aborto, nel Paese arabo, è regolato nel Codice Penale, ma dal 1962 nessuna riforma al riguardo è stata presa in considerazione. L’ignoranza e i pregiudizi, purtroppo, contribuiscono a far sprofondare del tutto un problema di per sé delicatissimo e di vitale importanza per ogni società civile. Solo l’educazione e il buon senso potranno portare a un cambiamento della mentalità, fortemente tradizionalista e alla modifica di leggi che, ancora oggi, non sono fatte “a misura d’uomo e di donna”. Una vera sfida che il Marocco può vincere in nome della libertà individuale.

Francesca Rossi

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