La realtà in bianco e nero di “The Giver. Il mondo di Jonas”

La trama e la recensione di The Giver. Il mondo di Jonas, uscito nelle sale l’11 settembre

Odeya Rush e Brenton Thwaites
Odeya Rush e Brenton Thwaites

E, se l’umanità perdesse la memoria collettiva e con essa le emozioni e tutte quelle caratteristiche fisiche che le innescano, come la capacità per esempio di percepire i colori, cosa accadrebbe? Come vivrebbe una società senza emozioni, senza individualità, senza talenti, e quindi senza la danza, senza la musica, senza la pittura, senza i libri, senza quel sapere che ci rende unici, saggi e creativi? L’uomo non sarebbe più volubile, irascibile, invidioso, arrabbiato con se stesso e con gli altri tanto da commettere le più ignobili azioni, come gli omicidi e i genocidi perpetuati attraverso guerre sanguinarie e crudeli? La scrittrice Lois Lowry ha immaginato una simile comunità e l’ha descritta in “The Giver. Il donatore” (edito in Italia da Giunti), un romanzo di formazione per gli adolescenti che s’inserisce nel nuovo filone della YA Generation (“Twilight”, “Hunger Games”, “Divergent”) e da cui è stato tratto il film “The Giver. Il Mondo di Jonas”, nelle sale dall’11 settembre e diretto dal regista australiano Phillip Noyce.

THE GIVERAl centro della pellicola una comunità di esseri umani omologata da un’iniezione mattutina e da una serie di regole rigide, fatte rispettare dal consiglio degli anziani, il cui capo è una donna (Meryl Streep). Gli esseri umani non vedono i colori, non provano emozioni, nemmeno il dolore della perdita (loro non hanno consapevolezza della morte che chiamano in altro modo), non amano e non hanno alcun tipo di rapporto sentimentale. I bambini sono partoriti da madri biologiche e infine affidati a nuclei familiari precostituiti, dove non c’è amore bensì solo rispetto. Questa società idilliaca (e non meno ipocrita) è stata creata proprio per evitare le guerre e le inimicizie, però un uomo senza memoria collettiva rischia di estinguersi commettendo sempre gli stessi errori, proprio perché privo dei ricordi delle esperienze delle generazioni passate; per evitare che questo accada gli anziani seguono i consigli di un donatore che conserva tutte le memorie (Jeff Bridges, che è anche uno dei produttori del lungometraggio).

Il protagonista del film però è Jonas (Breton Thwaites), un ragazzo che dimostra di avere delle caratteristiche uniche e che nel corso della “Cerimonia dei 12” è scelto come custode delle memorie, al quale il vecchio donatore deve trasmettere l’antico sapere durante il periodo di addestramento. Il rito iniziatico simboleggia il passaggio dall’adolescenza all’età adulta: Jonas compie ogni giorno un sensazionale viaggio nel lontano passato, fatto di passioni, di gioie, di sentimenti atavici ma anche di dolore, di morte, di guerre. La saggezza, acquisita attraverso il maestro e amico donatore, dà a Jonas il coraggio di amare nonché la forza e la tenacia di prefissarsi un importante obiettivo: ridare alla comunità le emozioni perdute e la libertà di scegliere e di conoscere quellaltrove, che – come per Truman di “The Truman Show” (1998) – era inesistente. Il messaggio di “The Giver. Il mondo di Jonas” è profondo, coinvolge e fa riflettere sul significato della vita e sulla società in cui viviamo che, nonostante le sue anomalie e i suoi lati negativi, non è poi così malvagia, forse perché il Tutto è in equilibrio: si conosce il dolore perché abbiamo memoria della felicità, si ha consapevolezza della pace perché sappiamo della guerra, riconosciamo l’amore perché abbiamo provato o visto l’odio. Insomma, ogni cosa è forse come deve essere?

Trailer: http://youtu.be/WmyQWGH7rzo

m.i. 

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto