PARIGI, LA POESIA DI DIOR

 

Trepidava Parigi (e non solo) in attesa di questa prova, che più di una prova si tratta ancora di un’altra conferma. Raf Simons al timone di Dior seduce il pubblico, lo ammalia con una maestria da cultore delle epoche e rende omaggio al passato interpretato –  semplicemente – nella sua linea. La collezione di Dior arriva a far brillare le luci poetiche di Parigi vestendo la città di così tante citazioni da non far rimpiangere il “vecchio stile”, anzi. C’è quasi commozione tra le prime file, Raf Simons ha regalato un momento di assoluta raffinatezza puntando su due aspetti: il suo archivio sartoriale, quello delle linee pulite e un accennato – quasi timido – agli esordi della griffe. Coerenza, prima di tutto.

Il passato appartenuto a John Galliano svanisce abito dopo abito, dando vita a una concezione femminile che punta all’eleganza sinuosa rinunciando a qualsiasi eccesso. Poi, quelle asimmetrie, i contrasti “delicati” del bianco e nero, la vita stretta dei tagli, i capispalla abbinati a quelle gonne a ruote ampie, i cinturini alle caviglie delle scarpe dalla silhouette geometrica e decisa e, soprattutto, quella purezza delle forme, rendono la mano di Simons visibile a ogni ancheggio di pedana.

Si scorge qualche accenno storico alla maison Dior degli Anni 50 come le giacche corte che poi si espandono nel volume e poi, come non notare quel dettaglio nell’accessorio a cui sono puntati gli occhi, luccicanti dalla citazione evidente: la stampa della scarpa siglata Andy Warhol su clutch e borse Lady Dior. Il riferimento a queste stampe ravviva la sfilata e ci porta indietro nel tempo, quello degli Anni 60, quello dell’esplorazione creativa che trovava nella figura di Warhol e in tutto il suo entourage di seguaci, l’espressione massima dell’arte, quella che attinge dal mondo della musica, della cultura, della letteratura, per elevarsi senza alcun limite. Molti parlano di una nuova era di Dior. Ma qualsiasi definizione si possa dare, non si può prescindere dal riconoscere a Raf Simons un lavoro di tagli così esemplare da iniziare a pensarlo tutt’uno con il nome di Dior.

Così come Karl Lagerfeld per Chanel, Raf Simons ha rispettato il passato storico della Maison ma l’ha smussato nel suo modo, senza modificarne i tratti originali, creando armonia nell’insieme, facendo svanire in modo leggero, quasi invisibile, l’immaginario di una donna teatrale, scenica, e “ricca” di tessuto per fare posto a una creatura leggiadra, semplice e di una classe sussurrata. Una sfilata che ha il valore di un’opera d’arte. Eccellente prova, grande inizio anche Dior.

Ornella Fontata

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